Cadute da cavallo: proteggere sempre la testa, bannata ogni altra sicumera

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30 ottobre 2020 #focus


Nonostante le numerose campagne per la sicurezza che dettagliatamente, da tempo, spiegano quanto sia importante indossare protezioni indispensabili in caso di caduta (in particolar modo il cap) quando si monta a cavallo, questa buona abitudine è ancora troppo spesso sottovalutata, soprattutto quando si monta “a casa”; leggerezza compiuta senza rendersi conto che statisticamente è più probabile il darsi di un incidente durante il frequente lavoro quotidiano rispetto a quanto non accada in gara. A valere, se vogliamo, è semplicemente il tempo effettivamente trascorso in sella nelle sessioni di training rispetto a quello, molto più breve, che si passa effettivamente a cavallo durante le competizioni. La funzione principale di qualsivoglia cap/helmet/casco certificato è quella di assorbire l’urto durante l’impatto, evitando così ogni tipo di trauma… se ancora vi pare superfluo o inessenziale indossarlo, continuate a leggere.


Purtroppo, sono spesso i cavalieri con più esperienza e gli istruttori stessi a comportarsi incoscientemente e superficialmente verso se stessi: forti della propria esperienza e abitudine / alias “dimestichezza col mezzo”, probabilmente in cuor loro davvero credono di “saper cadere sempre bene” da cavallo e poter quindi sempre evitare di procurarsi danni rilevanti: non considerano tuttavia un fattore fondamentale, ossia l’imprevisto, che, volenti o nolenti, è sempre alle porte, specie lavorando con e su un animale vivo, senziente, e, non da ultimo, predato. Per quanto oggi il cavallo sia “domestico”, la sua essenza profonda non cambia! Così come non sono mai controllabili tutti i fattori ambientali/esterni! Vale davvero la pena, rischiare?



Recenti studi hanno dimostrato che qualsiasi commozione cerebrale potrebbe non mostrare una sintomatologia immediata, ma portare comunque a problematiche, a lungo termine. Ogni anno migliaia di persone arrivano negli ospedali con traumi cranici, spesso a causa di una caduta fortuita o per un infortunio sportivo. I più fortunati riprendono la propria vita quotidiana in pochi giorni, ma alcuni restano affetti da problematiche, anche intermittenti, per molto tempo.

Un recente studio congiunto (statunitense e norvegese) ha infatti dimostrato che molte persone che hanno subito un trauma alla testa riferiscono difficoltà cognitive (come problemi mnemonici e di attenzione), pur eseguendo senza problemi i test che misurano queste abilità. E’ infatti noto che gli screaning cognitivi non sempre rilevano gli effetti (spesso saltuari) di qualsivoglia danno da commozione cerebrale, più o meno grave.


Lo psicologo Jonas Stenberg, della Norwegian University of Science and Technology (NTNU) ha collaborato con i ricercatori della Harvard Medical School in uno studio che è stato pubblicato sulla rivista “Neuropsychology” – ON LINE by “APA – American Psychological Association” . Stenberg, in merito all’esecuzione dei Test di screaning circa i problemi immediatamente rilevabili post trauma al cranio, afferma: “Se il paziente segnala problemi di memoria significativi, ci si aspetta di incontrare anche scarsi risultati nei test di memoria e attenzione. Ma non sempre è così.”

I ricercatori hanno esaminato 135 persone di età compresa tra 16 e 59 anni che sono arrivati ​​al St. Olav’s Hospital con lievi traumi alla testa, ai quali è stato proposto di partecipare allo studio. La metà di loro era stata incosciente per breve tempo dopo la caduta. L’età media era di 33 anni e la maggior parte erano di sesso maschile. Sono stati controllati a due settimane dall’infortunio e poi, di nuovo, tre mesi dopo.

I test tuttavia hanno mostrato di non avere un’assoluta validità: non riescono a rilevare i problemi pur vissuti dai pazienti in seguito al trauma, e/o, ancora, gli stessi soggetti esaminati non riescono a valutare il proprio effettivo stato di salute, essendo questo intermittente nei sintomi. “È importante che le persone che hanno subito lievi commozioni cerebrali vengano esaminate a fondo con diversi metodi per assicurarsi che ottengano l’aiuto di cui hanno bisogno”, ha affermato il professore norvegese.

Sebbene la relazione tra sintomi realmente percepiti (con richiesta di cura) e risultati dai test sia molto debole, l’associazione tra disturbi cognitivi, emotivi e fisici percepiti è stata sorprendentemente molto forte. Ossia ciò significa che il trauma emotivo scatenato dall’incidente/commozione al cranio ha avuto per i pazienti un indubitabile peso.

“I pazienti che hanno riportato un miglioramento dei sintomi cognitivi hanno riportato anche un miglioramento dei loro sintomi fisici ed emotivi. Questa scoperta può essere un indizio: che il trattamento di un tipo di sintomo, come quello emotivo, può anche migliorare i sintomi cognitivi “, dice Stenberg. In altre parole, aiutare le persone a ridurre il proprio malessere emotivo dopo un siffatto infortunio parrebbe poter migliorare anche la loro deficitaria memoria e le lacune nella capacità di attenzione.

Come indicato sopra, un trauma cranico anche lieve porta spesso con sé problematiche non facilmente risolvibili: chiediamo quindi agli equestrians , soggetti facilmente esposti a questo tipo di infortuni se non adeguatamente protetti, di riflettere: vale la pena esporsi a questi rischi evitabilissimi?

© Serena Scatolini Modigliani; riproduzione riservata; bibliografia: Stenberg J, Karr JE, Terry DP, et al. Change in self-reported cognitive symptoms after mild traumatic brain injury is associated with changes in emotional and somatic symptoms and not changes in cognitive performance. Neuropsychology. 2020;34(5):560-568 / content.apa.org/; in copertina: foto © EqIn