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Il doping dei cavalli: focus dal punto di vista giuridico

Il doping dei cavalli: focus dal punto di vista giuridico
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A seguito dell’analisi del reato di maltrattamento per la rubrica Diritto Equestre, soffermiamoci ora sull’analisi di cosa sia da intendersi, e come sia trattato, giuridicamente, il doping sui cavalli.

Fair play, il modo vincente (chi gioca lealmente è sempre vincitore)”: così inizia e si conclude il Codice di Etica Sportiva del Consiglio d’Europa, adottato a Rodi il 13-15 maggio 1992 dai Ministri europei responsabili per lo Sport. È una dichiarazione di intenti: la lealtà nello sport non può essere considerata un elemento facoltativo, ma essenziale! Questo principio etico-giuridico attiene a qualsiasi ordinamento sportivo, compreso il mondo equestre.

L’aumento delle prestazioni sportive è senza dubbio un fattore incentivante per ottenere la vittoria o il piazzamento in una gara. Questo vale tanto per gli uomini, quanto per i cavalli. Occorre, però, considerare come l’accrescimento artificioso e sleale delle prestazioni, la c.d. alterazione della performance a seguito della somministrazione di sostanze dopanti, sia vietata dalla legge: infatti, il nostro ordinamento giuridico prevede l’irrogazione di sanzioni nel caso di controlli con esito positivo sull’atleta. Nel nostro caso, ovviamente, l’atleta ha una lunga coda e la criniera al vento.

Il controllo anti doping sui cavalli precede di molti anni i controlli sugli atleti umani; risalgono al 1903, infatti, i primi regolamenti anti- doping nell’ippica Francese ed Inglese. L’argomento in parola è complesso, la normativa è frammentaria e costantemente in evoluzione. Cerchiamo di esemplificare la questione rispondendo ad una semplice domanda.

Cosa succede se un cavallo “dopato” partecipa ad una gara?

Procediamo con ordine. Occorre innanzitutto definire il doping e la sostanza dopante.

La legislazione italiana fornisce una definizione di doping all’art. 1 della L. 376 del 14.12.2000 che dispone che “costituiscono doping la somministrazione o l´assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l´adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche e idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell´organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”.

Per doping equino, al pari del doping umano, si intende l’utilizzazione di qualsiasi agente esogeno (farmacologico, endocrinologico, ematologico, ecc.) ovvero di manipolazione clinica che, in assenza di idonee e necessarie indicazioni terapeutiche, abbia il solo scopo del miglioramento delle prestazioni, al di fuori degli adattamenti e affinamento delle tecniche indotti dall’allenamento.

Il nostro ordinamento giuridico punisce chi somministra sostanze dopanti che alterano la prestazione degli animali al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, qualificando tale condotta come frode in competizioni sportive[1] ai sensi dell’art 1 della Legge del 13/12/1989 n. 401.

La Cassazione ha avuto modo di precisare che rientra nella previsione della fattispecie criminosa in parola la somministrazione di sostanze dopanti ad un cavallo prima della partecipazione ad una delle gare organizzate dall’UNIRE o da altra associazione ad esso aderente, così come, in diversa ipotesi, la somministrazione di altre sostanze che possano indurre la debilitazione di uno dei cavalli partecipanti alla gara, trattandosi di condotte di per sé idonee ad alterare fraudolentemente i risultati della gara stessa.

Quali sono le sostanze dopanti?

Il Regolamento per il controllo delle sostanze proibite adottato con delibera del Commissario n. 332 del 6 agosto 2002 ed entrato in vigore con il D.M. 16 ottobre 2002 n. 797 vieta in via generale e con riferimento a competizioni agonistiche l’impiego di un elenco di sostanze indicate nelle liste delle cd. sostanze proibite. Nel regolamento è poi contenuta la menzione di ulteriori sostanze di cui è consentita la somministrazione purché sotto i limiti stabiliti e riportati.

CLICCA QUI/SCARICA: 2024 Prohibited Substances List

Vengono partitamente disciplinate le procedure relative al prelievo dei campioni ed alle comunicazioni ed, infine, i provvedimenti disciplinari in esito alle analisi e gli obblighi di collaborazione.

Chi esegue i controlli?

La natura degli accertamenti ovviamente è di natura tecnica: vengono eseguiti da un Veterinario incaricato dall’ASSI che, previo accertamento dell’identità del cavallo e della regolarità delle certificazioni vaccinali, preleva campioni di urina e/o sangue o altro materiale biologico e/o campioni di elemento a contatto con qualsiasi parte del cavallo. Alle operazioni di prelievo hanno facoltà di assistervi il proprietario e/o l’allenatore o, in loro assenza, un loro delegato munito di apposita delega scritta.

Il campione prelevato è diviso in due parti di cui una destinata alle prime analisi e l’altra destinata alle seconde analisi in conformità a quanto disposto dalle normative -emanate dalla Federazione delle Autorità Ippiche Internazionali del Galoppo (I.F.H.A.) e dall’Unione Europea del Trotto (UET).

In caso di positività del primo campione il laboratorio che ha eseguito le analisi deve, sollecitamente ed in modo riservato, comunicarne l’esito all’Amministrazione che si riserva di trasmettere la documentazione alla Commissione Scientifica la quale può richiedere a sua volta al laboratorio qualsiasi documento o analisi già effettuata o approfondimenti analitici da svolgere sul campione di seconda analisi. La riscontrata positività del cavallo ed il consequenziale periodo di allontanamento vengono resi noti dall’Amministrazione attraverso la pubblicazione sul sito web e la contemporanea comunicazione al proprietario ed all’allenatore secondo le vigenti modalità

L’allontanamento decorre dal giorno successivo a quello della suddetta pubblicazione e contemporanea comunicazione. L’Amministrazione sospende, altresì, cautelarmente il pagamento dei premi. Entro 10 giorni dalla data di pubblicazione sul sito e dall’inoltro della comunicazione, gli interessati, devono trasmettere all’Amministrazione eventuale istanza di effettuazione dell’analisi del secondo campione. Il mancato riscontro alla comunicazione dell’Amministrazione é considerato come accettazione della positività accertata nell’analisi del primo campione.

Il doping può essere qualificato come maltrattamento di animali?  

Il codice penale [2], all’art. 544 ter, prevede il reato di maltrattamento di animali e punisce con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.

Il bene offeso dalle condotte previste nella norma incriminatrice è il sentimento umano di pietà nei confronti degli animali. È evidente come la previsione sia stata introdotta, nelle intenzioni del legislatore, per contrastare la pratica del doping, sebbene non vi sia un richiamo espresso. Se si somministra una sostanza vietata ai sensi dell’allegato 1 del Regolamento UNIRE approvato con DM 16 ottobre 2002 n. 797 è integrato il reato di cui all’art. 544 ter cp? La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha risposto positivamente!

Il caso: Il caso riguarda una competizione sportiva che ha come protagonista il cavallo vincente che, sottoposto a controllo per il rilevamento della presenza di eventuali sostanze dopanti, risultava positivo: emergeva essergli stata somministrata una sostanza assolutamente vietata, a prescindere dalla quantità (acido tranexamico), dal regolamento per il controllo delle sostanze proibite approvato con Decreto Ministeriale n. 797 del 16 ottobre 2002.

Il proprietario del cavallo in concorso con l’allenatore e fantino sono stai condannati dai giudici di merito per reato di maltrattamento e per violazione della legge antidoping perché, al fine di alterare il corretto e leale svolgimento della competizione avevano somministrato al cavallo sostanze dopanti vietate e dannose per l’animale. I Giudici, nell’occasione, hanno precisato che lo scopo dell’individuazione delle sostanze proibite è quello di proteggere l’integrità e la salute del cavallo che possono essere compromesse dall’assunzione di tali sostanze al fine di aumentarne o diminuirne le prestazioni sportive. La pronuncia prende consapevolezza della natura plurioffensiva della condotta che comporta un concorso tra reati.

La pronuncia esaminata è indicativa di una graduale evoluzione del nostro ordinamento giuridico verso il riconoscimento di una maggiore tutela nei confronti degli animali oltre che un avvicinamento alla dichiarazione di intenti del Codice di Etica Sportiva “Fair play, il modo vincente (chi gioca lealmente è sempre vincitore)”.

Drogare un cavallo per vincere è reato e, probabilmente, anche business. Amarlo, condividere un progetto agonistico insieme, è ovviamente un’altra cosa.

A menzus biere!

[1] L’art 1 della Legge del 13/12/1989 n. 401: Chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000. Le stesse pene si applicano al partecipante alla competizione che accetta il denaro o altra utilità o vantaggio, o ne accoglie la promessa. Se il risultato della competizione è influente ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitati, per i fatti di cui ai commi 1 e 2, la pena della reclusione è aumentata fino alla metà e si applica la multa da euro 10.000 a euro 100.000”

[2] Art. 544-ter c.p.: Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.

La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale.

(09 gennaio 2024) © Avv. Giulio Muceli – riproduzione riservata; foto: © Carabinieri

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Redazione EQIN
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