1978-2018, continua a correre il cavallo che liberò i malati di mente
09 maggio 2018 #focus
1978-2018, quarant’anni di Legge Basaglia: il 13 maggio 1978 diventava legge del nostro Stato la Legge 180 con la quale l’Italia (unico stato al mondo a farlo), decretava la chiusura definitiva dei Manicomi, la fine dei ricoveri per ragioni di sicurezza e il ritorno della Psichiatria nell’alveo delle Scienze Mediche, grazie al fondamentale impegno teorico e pratico di Franco Basaglia, il cui principale obiettivo è stato quello di restituire i diritti della persona a tutti coloro che fino a quel momento erano stati indelebilmente (e in certi casi pure arbitrariamente) stigmatizzati come folli e quindi rinchiusi nei manicomi: quarant’anni fa ci si è dunque impegnati prima di tutto per ridare dignità di persone ai malati di mente, soggetti da curare e non da internare/nascondere agli occhi dei “normali”. Un “malato” non cessa infatti di essere una persona, cui la Costituzione attribuisce dignità e inalienabili diritti civili. Può sembrare strano, ma il simbolo di questa importantissima lotta e poi sofferta conquista civile, l’icona della liberazione che è stata la cosiddetta riforma Basaglia con la sua trasformazione dell’istituzione manicomiale e soprattutto della condizione di molti dei suoi degenti e di tutte le persone che soffrono di disturbi mentali dalla fine degli anni ’70 ad oggi è nient’altro che… un cavallo, Marco Cavallo (“Marco Caval”).
Il 12 giugno 1972 il presidente della Provincia di Trieste ricevette una lettera firmata «Marco Cavallo», in cui l’animale, che aveva avvertito l’approssimarsi del mattatoio cui era destinato, rivendicava il diritto alla meritata pensione; testimoniava inoltre la volontà di molti suoi amici umani, viventi nello stesso Ospedale psichiatrico di Trieste, di voler provvedere al suo sostentamento vita natural durante e di pagare alla Provincia la stessa cifra che si sarebbe ricavata dalla sua vendita. Il 30 ottobre dello stesso anno la Giunta provinciale di Trieste delibera la vendita del cavallo in dotazione dell’Ospedale psichiatrico dal 1959 e addetto al trasporto di biancheria, rifiuti di cucina e altro materiale, decidendo di sostituirlo con un motocarro (fonte: corriere.it).
È così che comincia la storia di Marco Cavallo, che non sarà venduto e non morirà: porterà in groppa il malato che scrisse per lui quella lettera e molti altri suoi compagni di sfortuna, diventando il simbolo del loro riscatto. Marco Cavallo divenne infatti un’opera in legno e cartapesta dal colore azzurro costruito da Vittorio Basaglia insieme a degenti, artisti, infermieri, medici e tanti amici, ed iniziò a girare il mondo il 25 febbraio 1973, quando Franco Basaglia distrusse con una panchina di ghisa il muro di cinta dell’Ospedale psichiatrico triestino di cui era Direttore – il muro della reclusione – perché Marco Cavallo era così grande che non riusciva ad attraversare l’uscita “normale”. Da allora sono cominciati i suoi viaggi in tutto il mondo, viaggi portatori di spettacoli, poesie, incontri, feste. Con le parole di Peppe Dell’Acqua: “Marco Cavallo è la storia della libertà riconquistata dagli internati. È il testimone di una restituzione: il diritto di cittadinanza a tutti i cittadini, anche se folli. È una grande straordinaria macchina teatrale che la visionarietà di Giuliano Scabia ha reso capace di testimoniare storie intense, singolari e collettive, felici e drammatiche. Testimone di una svolta epocale, il cavallo è l’evidenza della «possibilità» riaffermata contro il destino segnato e ineluttabile della malattia mentale, come di ogni altra condizione umana di oppressione, di fragilità, di limitazione di libertà” (fonte: corriere.it). Marco Cavallo continua a correre senza sosta, ovunque. Viaggia per allontanare la smemoratezza e lo stigma della “pericolosità sociale”, che è sempre attivo e operante; viaggia, non si ferma perché in cuor suo sa perfettamente che, “da vicino, nessuno è normale”. Come sosteneva Franco Basaglia, “La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione” (“Che cos’è la psichiatria?”, ediz. Baldini & Castoldi). Per questo Marco Cavallo vuole continuare a correre e non ha smesso mai di viaggiare.
Poteva forse essere altro da un cavallo, a rappresentare la rivoluzione dei nuovi assetti della cura e dell’assistenza psichiatrica che la promulgazione della Legge 180 comportò e ad incarnare la lotta contro la politica del rifiuto dell’altro, del diverso? L’opera teatrale di legno e cartapesta alta quasi 4 metri che rappresenta il cavallo del manicomio triestino realmente sopravvissuto al macello è diventato così il testimone della restituzione dei diritti, il simbolo del riscatto contro il destino ineluttabile della malattia mentale, come di ogni altra condizione umana di oppressione, di fragilità, di limitazione di libertà. Nell’immaginario collettivo il cavallo è portatore di libertà, potente metafora del viaggio, da tempo immemore a fianco dell’uomo quale insostituibile compagno nelle sue molteplici attività, creatura che odia le costrizioni e la reclusione – anche se dotata di un’incredibile capacità di adattamento -, straordinaria medicina grazie alle sue intrinseche qualità capaci di trattare o migliorare problemi di salute, di tipo emozionale, intellettuale o fisico dell’essere umano. Che Marco Cavallo continui la sua corsa contro ogni reclusione e segregazione!
Note: Per chi volesse approfondire e ricordare il 40° della Legge Basaglia, ricordiamo che a Genova questa settimana è in corso, fino al 13 maggio, “180×40”, una rassegna con incontri, percorsi, mostre e dibattiti con il patrocinio del Comune, di Regione Liguria e Università (Media Partner Il Secolo XIX – Psychiatry On Line Italia): CLICCA QUI per il Programma 180×40 Genova
Per chi volesse approfondire la storia di Marco Cavallo, può riferirsi ad un libro – scritto fra il 1973 e il 1976 e ora ripubblicato, Marco Cavallo. Da un ospedale psichiatrico la vera storia che ha cambiato il modo di essere del teatro e della cura (ed. Alphabeta Verlag, Merano, pp. 247, € 20: clicca qui) – che contiene anche testi di Franco Basaglia, Umberto Eco, e un racconto dei viaggi del corsiero azzurro, scritto da Peppe Dell’Acqua ed Elisa Frisaldi.
© B.S.; riproduzione riservata; foto Marco Cavallo © repubblica.it, tristesalutementale.it