Lavorare con i cavalli: uno studio fa il punto su gioie e dolori delle professioni equestri

12 aprile 2022 #focus
Nonostante molte difficoltà che spesso insorgono, le persone che hanno scelto di intraprendere come carriera il lavoro con i cavalli sono principalmente guidate dal desiderio di stare con gli animali che amano: un nuovo studio proveniente dalla Svezia, pubblicato sulla rivista “Challenges”, esplora la natura bifronte di questo tipo di occupazione.
Per lo studio, la ricercatrice della Dalarna University Åsa Bergman Bruhn si è concentrata sul settore equino svedese, presentando 39 interviste semi-strutturate ai dipendenti, che costituiscono il punto cruciale della sua ricerca. Quest’ultimi sono stati incoraggiati a raccontare le loro storie, spiegando come sono arrivati a lavorare con i cavalli e gli alti e bassi della loro scelta professionale.
“Questo studio mostra che il lavoro non è fatto di sola soddisfazione, divertimento e appagamento, ma anche dell’accettazione di condizioni spesso difficili, che possono portare a sacrifici ed esaurimento“, ha riferito Bruhn.
“La natura a doppia faccia di un questo tipo di impiego può quindi influire sul benessere dei dipendenti e mettere in discussione la volontà e la capacità di rimanere nell’occupazione“.
Bruhn ha affermato che guadagnarsi da vivere grazie a un interesse ‘per il tempo libero’ e/o uno stile di vita personale – definito in questo caso come lavoro orientato allo stile di vita – è un contesto importante da esplorare in termini di significatività.
“Da un lato, il lavoro orientato allo stile di vita offre soddisfazione e significato, mentre dall’altro ha il potenziale per essere stressante ed esigente; sono quindi necessari impegno e investimento, oltre che sacrificio”.
L’hobby come fonte di sostentamento non riguarda solo l’ambito equestre, ma molte altre occupazioni collaterali (musicisti, scrittori, giornalisti, attori e artisti, solo per citare qualche esempio). Bruhn ha voluto esplorare quali fattori promuovono e quali ostacolando il lavoro basato su di un interesse personale.
Il variegato settore equestre svedese impiega circa 17.000 dipendenti a tempo pieno. Più di 1 milione di svedesi, il 10%, sono regolarmente a contatto con i cavalli. Dei 39 dipendenti intervistati per lo studio, 30 lavoravano in scuole di equitazione e nove in scuderie di trotto. Bruhn ha riferito che i dipendenti hanno iniziato il loro lavoro con un identico scopo: un genuino interesse per gli animali, l’amore per i cavalli e la possibilità di fare della propria passione un lavoro.
“L’interesse per i cavalli era per la maggior parte dei dipendenti già consolidato nell’infanzia, avendo cavalli in famiglia o iniziando la scuola di equitazione in giovane età”. “Da allora l’interesse è stato una parte importante del tempo libero dei partecipanti, in cui avevano investito molto, in termini di risorse. Anche la gestione dei cavalli è stata descritta come una parte essenziale del loro stile di vita: ‘un modo di vivere”.
“Secondo i partecipanti, il lavoro nel settore equestre non è molto remunerativo ed è difficile fare carriera nel settore Molti dei dipendenti hanno anche rivelato di aver rinunciato sia all’istruzione che ad altri lavori per perseguire il sogno di fare della loro passione un’occupazione”.
“Tuttavia, il privilegio di essere pagato per il proprio hobby e di poter coltivare quell’interesse era considerato più importante e prezioso rispetto ad un buon stipendio o al successo per la maggior parte dei partecipanti“.
Una donna di 47 anni impiegata in una scuderia, ha descritto così il suo lavoro: “Amo i cavalli e amo insegnare. La vita ha preso una svolta e io sono giunta qui. La decisione più grande è stata probabilmente quella di dimettersi da un buon lavoro, una buona carriera, un buono stipendio e grandi sfide“.
Sebbene la gratificazione che il lavoro con i cavalli dà fosse percepita come più importante del salario e della carriera, molti dei partecipanti si sono resi conto che la loro capacità di cambiare lavoro in futuro era alquanto limitata a causa della loro mancanza di istruzione formale ed esperienza in altre occupazioni. Un’altra partecipante, una donna di 56 anni, ha detto: “Sono qui da tanto. Non so nient’altro. Davvero non ho fatto nient’altro“.
Un dipendente di una scuderia di cavalli da trotto ha affermato: “Lavoro con il mio hobby, è un mio interesse, ovviamente, e non mi sembra un lavoro. Ho avuto un lavoro regolare prima: c’è una differenza significativa”.
La maggior parte dei dipendenti trascorreva molto del proprio tempo libero con i cavalli, svolgendo essenzialmente gli stessi compiti sia durante l’orario di lavoro che nel tempo libero.
I confini tra lavoro e tempo libero erano sfocati per molti dipendenti, ha affermato Bruhn. Molti avevano i loro cavalli nelle scuderie dove lavoravano, cosa che è stata vissuta sia positivamente che negativamente.
“Un vantaggio era che i dipendenti potevano prendersi cura dei loro cavalli prima o dopo il lavoro, magari anche durante la pausa pranzo, cosa che è stata vissuta come un risparmio di tempo. Uno svantaggio semmai era la difficoltà a tracciare il confine tra lavoro e tempo libero”.
Molti tra coloro che hanno lavorato come istruttori in una scuola di equitazione hanno parlato del privilegio di lavorare con i cavalli e di insegnare ad altri come gestire e montare i cavalli. Un istruttore di 32 anni ha affermato: “Ho iniziato a lavorare nel settore equestre perché i cavalli significavano tanto per me, ma ora vedo quanto possono essere importanti anche per le altre persone“.
Un’istruttrice di 60 anni ha commentato: “La cosa migliore della professione è poter lavorare sia con le persone che con i cavalli. Mi occupo di equitazione parasportiva. Il solo vedere i cavalli con i loro cavalieri è emozionante. È incredibile, magico. Ti fa andare avanti”.
Tuttavia, anche i dipendenti che consideravano i propri compiti lavorativi importanti, significativi e utili hanno fatto riferimento ad alcune carenze nel loro lavoro quotidiano che potrebbero mettere in discussione le esperienze nel tempo. Molti hanno segnalato problemi relativi a lunghe giornate di lavoro, oltre a molte serate e fine settimana impegnati.
“Le sfide del superlavoro e degli orari di lavoro scomodi portano a effetti negativi come la mancanza di recupero e di sonno, nonché la difficoltà a recuperare il ritardo con altre aspetti della vita, come il tempo per le relazioni e la famiglia”. “Alcuni dipendenti credono addirittura che sia impossibile conciliare il lavoro nel settore equestre con la vita familiare e i bambini”. “C’è“, scrive Bruhn, “un difficile equilibrio tra un lavoro vissuto come significativo da un lato e impegnativo dall’altro, per quanto riguarda le condizioni di lavoro, in particolare l’orario di lavoro eccessivo“.
Una donna di 30 anni impiegata in una scuderia di trotto lo ha descritto così: “È molto dura e ti stanchi molto, ovviamente. Lo fai perché lo ami. Ma potresti non avere la forza per fare questo genere di cose per tutta la vita”. “Non è umano dormire due ore e poi lavorare dalle sei del mattino fino a tarda notte, forse più volte alla settimana, perché poi sei completamente morto. Non sarai in grado di farcela per sempre“. Una sessantenne di una scuola di equitazione completa il quadro: “Mio marito si chiede perché devo lavorare ogni venerdì sera. Ma i miei allievi mi vogliono come loro istruttrice di equitazione. I cavalieri vogliono stare con me e, anche se vorrei essere libera il venerdì, non li voglio abbandonare. Fare l’istruttrice è una vocazione e non solo un lavoro“.
Bruhn ha affermato che l’esperienza pratica unica nel settore favorisce un senso di appartenenza, nonché una cultura e norme comuni, che creano legami tra i colleghi di lavoro. Le relazioni sul posto di lavoro sono state menzionate come un fattore significativo: “L’interazione sociale con gli altri, l’essere parte di una rete sociale e il supporto e l’aiuto basati sulla fiducia e sul rispetto dei colleghi sono stati indicati come fattori particolarmente importanti”. “I dipendenti hanno anche chiarito, in vari modi, che avevano un forte attaccamento ai cavalli e un legame unico con gli animali“.
I rapporti con i cavalli sono stati paragonati, e per certi versi in parte equiparati, ai rapporti con i colleghi di lavoro. “Quando i partecipanti hanno descritto le attività quotidiane, è diventato chiaro che hanno dato la priorità alla salute e al benessere dei cavalli rispetto al loro benessere“.
Alcuni non facevano la pausa pranzo o si rifiutavano di tornare a casa fino a quando il lavoro non fosse terminato. Alcuni non esiterebbero a lavorare anche se malati a causa della difficoltà di trovare personale temporaneo.
“Sebbene i partecipanti abbiano apprezzato il lavoro pratico, il carico di lavoro fisico nel settore è impegnativo“. La maggior parte degli intervistati ha parlato di problemi legati al carico fisico: come dolori alle spalle, alle braccia e alla parte bassa della schiena. Alcuni hanno dovuto prendere un congedo per malattia a causa di questi problemi. Il carico di lavoro fisico era un’ulteriore sfida per i dipendenti più anziani.
Discutendo le sue scoperte, Bruhn ha affermato che i dipendenti hanno investito molto tempo e impegno, oltre alle emozioni, nel lavoro, e le forze trainanti sono l’amore per i cavalli, nonché il privilegio di fare della propria passione il proprio lavoro.
“Il significato che si dà al lavoro è personale, ma le organizzazioni possono creare contesti più o meno favorevoli affinché le persone siano in grado di trovare un giusto equilibrio nel proprio lavoro“.
Bruhn ha affermato che i risultati contribuiscono alle prove esistenti sul lavoro, dimostrando i processi complessi, ambivalenti e stimolanti quando il proprio sostentamento è basato sull’interesse e sullo stile di vita personale. Nel caso delle scuole di equitazione c’è la soddisfazione, il divertimento nonché l’appagamento cagionato dal lavorare con cavalli e cavalieri, ma anche condizioni di lavoro impegnative.
© S. Scatolini Modigliani – riproduzione riservata; foto archivio © A. Benna / EqIn