Lis Hartel: icona di tenacia, lotta per l’uguaglianza, sogni realizzati

08 marzo 2021 #focus
Nella giornata internazionale dedicata alle donne, non potevamo non celebrare una figura estremamente rappresentativa in equitazione. Pertanto abbiamo scelto di raccontarvi la storia di Lis Hartel, una vera e propria icona, dato che non solo è stata la prima donna a montare per una squadra equestre alle Olimpiadi, ma ha anche ottenuto la prima medaglia femminile – la prima equestre di livello olimpico – nonostante una grave disabilità fisica. Come vedremo, la sua carriera la rende un’eroina per gli amanti dei cavalli, per le donne e per i sostenitori dell’horse therapy, non meno che un simbolo di tenacia e perseveranza per realizzare i propri sogni.
Nata il 14 marzo 1921 a Hellerup, in Danimarca, Lis è cresciuta montando sin dalla giovane età insieme alla sorella, sotto l’occhio attento e amorevole della madre. Iniziò dal dressage, il suo primo e ultimo amore, ma da adolescente gareggiò anche nel salto ostacoli. Si sposò a 20 anni con un uomo a sua volta amante dei cavalli, dal quale ha avuto due figli; proprio mentre aspettava il secondo, a 23 anni, venne colpita dalla tragedia, con la forma insidiosa della poliomielite, malattia che la condusse quasi alla paralisi totale.
Ciononostante, con l’aiuto della madre e del marito, decise di ricominciare immediatamente il suo percorso di riabilitazione per poter montare di nuovo: si consideri che allora era quanto mai impervio affrontare questa sfida, dato che negli anni ’40 non si disponeva di particolari supporti riabilitativo-fisioterapici né di cure verso la malattia. A partire dal 1910 in gran parte del mondo vi fu un drammatico aumento di casi di polio, e le epidemie divennero eventi “regolari”, cosa che fornì l’impulso ad una “grande corsa” verso lo sviluppo di un vaccino, che venne realizzato solo nel 1950; grazie alla sua diffusione, i casi globali di poliomielite si ridussero in breve tempo da centinaia di migliaia a meno di mille.
Dopo aver partorito un bambino sano, Lis iniziò il suo difficile e doloroso percorso per imparare a tornare a sollevare di nuovo le braccia, quindi a gattonare e infine a tornare a camminare, con l’aiuto delle stampelle. Determinata a tornare al dressage agonistico, Lis decise quindi di provare a riprendere da dove aveva interrotto, con l’ambizioso obiettivo delle Olimpiadi insieme alla sua cavalla di sempre, Jubilee, un incrocio tra purosangue e Oldenburg. Diverse sono state le cadute, anche drammatiche, sin dal passo, mentre imparava a stare in sella con poco o nessun controllo muscolare. Eppure, solo tre anni dopo dalla malattia, Lis gareggiò ai Campionati scandinavi di equitazione del 1947 e finì al secondo posto. Si consideri inoltre che all’epoca nessuno sulla scena internazionale era a conoscenza delle condizioni di Lis.
Ma pensate: nonostante l’eccezionale forza d’animo, mentre i suoi punteggi quell’anno la stavano proprio portando alla qualifica per competere alle Olimpiadi del 1948, non fu tanto la sua disabilità (e tutte le difficoltà) ad impedirle di competere ai Giochi di Londra: il problema stava tutto nel fatto che le donne non erano ancora ammesse. Sarebbero passati altri quattro anni prima che l’asticella del genere venisse revocata e Lis potesse quindi rappresentare la Danimarca alle Olimpiadi di Helsinki del 1952.
Lis Hartel (completamente paralizzata dal ginocchio in giù per il resto della sua vita) riuscì a conquistare la medaglia d’argento olimpica, e fu la prima donna in assoluto a farlo e proprio durante il primo anno in cui le donne erano ammesse. In una delle ore più belle dello sport, il vincitore della medaglia d’oro, il cavaliere svedese Henri Saint Cyr, portò Lis in braccio dal suo cavallo al podio olimpico, e si narra che questo sia stato uno dei momenti più emozionanti della storia olimpica.
Ma non è finita qui, Lis in seguito continuò a vincere: fece sua un’altra medaglia d’argento alle Olimpiadi del 1956 a Stoccolma, l’oro ai Campionati del mondo non ufficiali del 1954, ed è stata sette volte campione nazionale danese. È diventata eroe nazionale in Danimarca, ma Lis ha sempre detto che considerava il suo più grande risultato quello di riuscire ad aprire il primo Centro di equitazione terapeutica in Europa. La sua lotta per la parità dei diritti delle persone con disabilità è stata di certo il sostegno principale all’accettazione dello sport equestre terapeutico; Lis è stata anche portavoce chiave della Polio Foundation.
Questa incredibile donna morì nel 2009, alla veneranda età di 87 anni, dopo 75 anni di equitazione e coaching. Ha combattuto innumerevoli sfide per tornare in sella, gareggiare di nuovo e creare nuovi standard per il suo sport e la sua passione. Lei incarna il messaggio delle Olimpiadi e Paralimpiadi, ma non solo: è “tutte le donne”, quelle che ogni giorno dimostrano tenacia, che ancora oggi lottano per la parità di genere – pur con difficoltà diverse -, la cui passione e voglia di arrivare sono sicuramente più forti delle difficoltà da superare.
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