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Top rider e successo: conta più l’abilità tecnica o la raggiunta capacità di relazione coi cavalli?

Top rider e successo: vale di più l'abilità/qualità o la raggiunta capacità di relazione coi cavalli?
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Da appassionati di eventi equestri di alto livello sappiamo che le discipline agonistiche impegnano con appuntamenti a ritmi serrati amazzoni e cavalieri tutti i week end in diverse città del mondo. Viene spontaneo domandarsi che tipo di rapporto stabiliscono i top riders con i cavalli che montano, tenendo presente che la disciplina nella quale competono è per loro un vero e proprio lavoro, che porta con sé equilibri mutevoli tra sponsor, proprietari di cavalli e finanziatori vari. 

Vi è una sottile linea rossa che separa l’uso e l’abuso dei cavalli, nello sport di alto livello. “I cavalli possono essere animali grandi e potenti, ma sono anche vulnerabili al dominio e la loro sensibilità alla paura, come specie predata, potrebbe compromettere l’integrità delle relazioni uomo/cavallo dando vita a prestazioni forzate, eseguite anche in assenza di fiducia, sicurezza, rispetto e armonia”, hanno dichiarato le ricercatrici Rachel Hogg e Gene Hodgins, della School of Psychology della Charles Sturt University in Australia, in un articolo recentemente pubblicato sulla rivista “Animals”. Il Team di ricerca ha approfondito la natura del rapporto tra cavalli e cavalieri nello sport equestre d’élite, affermando infine che una buona relazione cavallo/cavaliere è fondamentale per un’equitazione etica, in cui la salute e il benessere degli equini sono elementi fondanti per qualunque successo sportivo. Vediamo insieme i dettagli della ricerca.

Le relazioni uomo/cavallo sono state anche storicamente romanzate, con il successo dei binomi sportivi (cavallo/cavaliere) attribuito ad una stretta relazione empatica tra i due. Ma il rapporto nell’élite sportiva differisce nettamente da quello instaurato nell’ambiente amatoriale.

Nel loro studio i ricercatori hanno intervistato 36 atleti impegnati professionalmente nello sport equestre internazionale sulle loro relazioni con i cavalli, provenienti da otto Paesi e praticanti sei discipline equestri diverse. I partecipanti all’indagine hanno definito la connessione tra le prestazioni sportive e la relazione cavallo/cavaliere in tre modi distinti e, per certi versi, antitetici: fondamentali per il successo, non essenziali per il successo o antitetici per il successo.

Molti (ma non tutti) i partecipanti hanno descritto una forte relazione con i cavalli come essenziale per il loro successo sportivo. Altri hanno voluto sottolineare l’importanza del lavoro di squadra che sta dietro ogni singola prestazione: il successo del binomio dipende da tutto il team di persone (groom, maniscalco, veterinario, fisioterapista, mental coach..) che spesso non si vedono, ma che lavorano quotidianamente dietro le quinte dei cavalieri professionisti. Si pensi infatti che un cavaliere monta più cavalli: quelli che non sono impegnati nell’evento cui egli partecipa in un determinato week-end sono affidati alla squadra di casa, che se ne prende cura e li tiene in lavoro per far sì che siano pronti per le competizioni successive.

Per alcuni atleti la conoscenza reciproca cavaliere/cavallo non è stata considerata come determinante ai fini del successo: ciò che per loro è apparso valere davvero è stata solo la capacità tecnica dei singoli componenti il binomio. Va da sé, rilevano i ricercatori, che questo può valere per un sodalizio a breve termine, ma in genere non è prassi/modus operandi sostenibile per una lunga e proficua carriera con i cavalli.

Infatti, dall’indagine del team molti altri cavalieri di successo hanno invece sottolineato come la vera partnership sia invece da considerarsi essenziale per il raggiungimento del successo sportivo, o almeno uno tra i molti numerosi e determinanti fattori che possono influenzare i risultati delle prestazioni. Tuttavia, alcuni partecipanti hanno anche dichiarato che a loro parere un attaccamento personale tra cavallo e cavaliere potrebbe costituire un impedimento al vero successo. E’ infatti anche vero che se ci si preoccupa “troppo” del proprio compagno equino si tenderà a non forzarlo in situazioni che possono essere a lui non gradite, e che, conseguentemente, questo atteggiamento conservativo andrà ovviamente a scapito del risultato finale. “Riferendosi al profondo attaccamento tra cavallo e cavaliere come ad un potenziale svantaggio competitivo, i partecipanti hanno messo in discussione lo status dei cavalli e la relazione cavallo/cavaliere nello sport equestre moderno”.

“E’ fondamentale per questa discussione sulle prestazioni sportive e sulle relazioni tra i cavalieri il senso che si dà a quella che è considerata una performance di successo”, hanno detto Hogg e Hodgins. Detto altrimenti: vale il perseguire il risultato “ad ogni costo” (pena anche il disagio/malessere del cavallo), oppure no? 

Per un certo numero di partecipanti, il successo della performance è stato definito in accordo con il raggiungimento di indicatori di successo convenzionali, come un piazzamento o un punteggio elevato e/o la vittoria di una competizione. In altri casi, un certo numero di cavalieri ha definito i risultati del successo o delle prestazioni in termini prettamente soggettivi. Non è stato raro, infatti, che i partecipanti definissero il successo sportivo senza fare riferimento agli esiti della competizione e in base esclusivamente alla propria esperienza personale, in merito ad una circostanziata performance che li ha resi molto soddisfatti, al di là del risultato in classifica.

“La prestazione più significativa della carriera di un rider è stata in alcuni casi rappresentativa di un trionfo personale, piuttosto che sportivo”. In generale, dai risultati di questo studio, la relazione tra cavallo e cavaliere è stata dunque individuata come parte vitale del vero successo nelle prestazioni.

“Ciononostante sono state espresse opinioni ambigue e contraddittorie. Abilità tecniche, forza fisica e fattori esclusivamente connessi alle circostanze, in alcuni significativi casi sono emersi come elementi più rilevanti rispetto alla partnership con l’equide montato, con alcune prestazioni d’élite viste e vissute come esclusivo prodotto del talento e dell’abilità, piuttosto che come espressione del legame esistente tra cavaliere e cavallo”.

“I rider di successo partecipanti all’indagine che hanno valorizzato l’importanza del rapporto tra cavallo e cavaliere lo hanno concepito come un modo per compensare altre abilità tecniche”. Come a dire, laddove e qualora non si arrivi al risultato con le competenze (del cavaliere e del cavallo), allora ci si affida al preesistente legame speciale tra i due… Tuttavia, l’ambiente sportivo moderno esercita una pressione significativa sul rapporto cavallo/cavaliere e una serie di altri fattori può influire sul successo.

Analizzando questioni più ampie, Hogg e Hodgins hanno notato che la mentalità del “vincere a tutti i costi”, sebbene non così radicalmente diffusa nei circoli equestri, si è manifestata in casi scioccanti di abuso di cavalli che possono mettere a repentaglio tanto il futuro degli sport equestri che poggia proprio sull’unicità del ben noto “legame” tra cavallo e uomo, quanto il benessere dei cavalli involontariamente coinvolti nella ricerca umana del successo sportivo.
Gli sport equestri competitivi sono stati snaturati da una serie di pratiche, con inevitabili conseguenze dannose del benessere dei cavalli, tra cui l’iperflessione nei cavalli da dressage e l’utilizzo di sostanze chimiche o oggetti appuntiti per aumentare la sensibilità delle gambe del cavallo durante il salto ostacoli”, solo per citare alcune tra le nefaste pratiche talvolta messe in atto da professionisti. Ma è solo un esempio tra i molti casi di abuso dei cavalli per fini agonistici: si pensi anche al caso estremo, in cui un concorrente è stato sospeso dall’esibire dei cavalli arabi dopo che è stato scoperto che sette tra i suoi soggetti in gara erano stati sottoposti a interventi di chirurgia estetica (!), volti a migliorarne l’aspetto, sulla base di ideali competitivi.

Questa ricerca non fa che rimarcare come gli atleti degli sport equestri anche ad alti livelli debbano essere incoraggiati ad agire prima di tutto come guardiani del benessere equino; qualora così non sia, come da regolamento FEI sul welfare animale, deve scattare la sanzione. Nel perseguire il benessere davanti ad ogni altra cosa, i rider devono farsi consapevoli e capaci nei confronti dei cavalli, di modo da arrivare ad allineare i risultati al loro impegno e sforzo per ottenere i tanto agognati risultati nelle prestazioni.

“Molti partecipanti hanno descritto come il loro impegno con i cavalli e lo sport sia migliorato da quando hanno preso la decisione di cercare un reddito lontano dalle attività equestri, poiché questo ha permesso loro di tracciare una chiara distinzione tra il lavoro (necessario per il proprio sostentamento) e il rapporto con i cavalli”. L’accesso a fonti di reddito alternative può aiutare a preservare la realizzazione personale dei partecipanti spesso associata alle loro relazioni con i cavalli e può anche facilitare esperienze di sport e prestazioni sportive più belle e pulite, sebbene forti e più impegnate”.

I cavalieri dovrebbero sempre assumersi la responsabilità del benessere dei loro cavalli, anche se si tratta solo di soggetti “di passaggio”, in vendita o utili solo per un periodo limitato di tempo. Tuttavia, spetta alla comunità sportiva creare una cultura in cui il benessere e la gestione degli equidi siano inseparabili e richiesti come imprescindibili dai risultati di prestazioni di alta qualità e dall’interazione etica tra cavallo e cavaliere”.

(14 ottobre 2021) © S. Scatolini Modigliani; – riproduzione riservata; foto: © A.Benna / EqIn; bibliografia/riferimento: Hogg, R.C.; Hodgins, G.A. Symbiosis or Sporting Tool? Competition and the Horse-Rider Relationship in Elite Equestrian Sports. Animals 2021, 11, 1352. https://doi.org/10.3390/ani11051352

 

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Redazione EQIN
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