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Do you speak Equis? Interazioni comunicative cavezza e filetto

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CavalDonato Communication #approfondimenti

28 novembre 2015

La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando necessario” (Albert Einstein). Con questo exergo si apre il volume Do you speak Equis? Interazioni comunicative cavezza e filetto – Volume I di Antonello Radicchi, edito da Equitare Casa Editrice.

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Ed effettivamente, in questo intelligente lavoro, si tratta della capacità di accettare il cambiamento: nuova è infatti l’idea di associare nel lavoro con il cavallo la cavezza abbinata al filetto per raggiungere l’obiettivo del “cavallo che si porta da solo”, base dell’equitazione superiore. La cavezza associata al filetto non è uno strumento coercitivo e di certo non può costringere il cavallo a fare quanto gli richiediamo. Arrivare quindi ad eseguire arie come passage, piaffe ecc. solo con questo strumento, fa sì che il merito vada in maniera univoca ad una preparazione psico-fisica completa che abbia anzitutto sviluppato le capacità del cavallo nel fare e nell’eseguire correttamente ed in armonia quanto da noi indicato e richiesto.

Antonello Radicchi a FieraCavalli 2015

Antonello Radicchi a FieraCavalli 2015


Abbiamo incontrato Antonello Radicchi a FieraCavalli 2015 e gli abbiamo chiesto di commentare e descrivere il suo lavoro: il vero cambiamento, dice Radicchi, «sta nella volontà di comunicazione veritiera con il proprio cavallo, per lo più incompreso; la difficoltà reale sussiste in quanto molte persone che si avvicinano, o che comunque praticano l’equitazione, vengono spesso introdotte in questo mondo e, di conseguenza, continuano a praticare uno sport che a livello concettuale e pratico non dovrebbe rientrare in questa definizione. L’equitazione non è sport, o comunque e soprattutto non è solo sport. L’equitazione dovrebbe per prima cosa essere amore per i cavalli, desiderio di comprenderli ed essere da loro compresi, il costante bisogno di interagire con loro mediante la ricerca di linguaggi e concetti spesso distanti dal nostro modo di esprimerci, ma vicini nel condividere di fatto un mondo che sempre più spesso tende ad isolarci, sterilizzando le nostre capacità comunicative interpersonali».

Coltivare e rafforzare l’intensità del rapporto tra uomo e cavallo, cercando di allargare gli orizzonti della potenzialità espressiva sopita all’interno di ogni uomo, questo è l’obiettivo di Do you speak Equis?. Prosegue Radicchi: «Anche noi uomini abbiamo grandi difficoltà a comunicare tra simili; addirittura, facciamo fatica a comprendere noi stessi, ciononostante pretendiamo di capire il prossimo, senza nessuna cognizione di causa e senza gli strumenti necessari per farlo. Lo stesso accade con il cavallo; la comunicazione con lui è impossibile se non riusciamo a stabilire anzitutto un CONTATTO. Per questa ragione parlo più volentieri di “contatto” prima che di “comunicazione vera e propria”. Il contatto è l’essenza del sentire, del capire e del comprendere, è il fondamento di ogni vero comunicare: se il contatto non c’è, non c’è comunicazione e senza comunicazione non può esserci rapporto. Lo stesso dicasi nel caso di un contatto scorretto (ad esempio quando è troppo forte, dunque oltremodo dannoso perché doloroso per l’animale)».

Definire con esattezza il libro Do you speak Equis? non è facile, in quanto in esso si tratta di etologia, biodinamica, evoluzione, tecnica; il lettore vi scoprirà un punto di vista diverso, derivato da anni di studi e sperimentazioni, che infine ha prodotto un metodo capace di tener conto e rispettare sia il cavallo sia il cavaliere. Quel che forse rende davvero interessante questo lavoro risiede infatti nell’attuazione di tali concetti: non dobbiamo infatti dimenticare che Do you speak Equis? è anzitutto una lettura estremamente pratica, in quanto racchiude riflessioni e risultati di una scuola di formazione e addestramento del sentire (vedi associazione F.E.E.L. – Formazione Etologia Equitazione Leggerezza):

Nel suo libro Radicchi dimostra empiricamente, ossia sulla base di reali esperienze, che le strade per attuare tecniche di leggerezza espressiva in un rapporto armonico che rispetti l’unicità individuale del cavallo e del cavaliere non sono solo ampiamente percorribili, ma sono anche «molto, molto più agevoli degli sterili sentieri che conducono spesso ad un’incomprensione reciproca. Sentieri nei quali, senza fondamento alcuno, siamo spinti ad inerpicarci». Un percorso basato sul rispetto reciproco dell’essere uomo e dell’essere cavallo («accettarsi per ciò che si è ed accettarli per quello che realmente sono») è ciò che troviamo in questo utilissimo titolo di Equitare Casa Editrice, che ancora una volta ha saputo portare un importante contributo al sempre troppo poco esplorato universo della “cultura equestre”.

In breve, per chi non lo conoscesse, Antonello Radicchi ha iniziato la sua avventura con i cavalli all’età di 15 anni. Dal 1986 al 1990 ha collaborato con il maestro George Alexis Girardon, ha partecipato a molti stage di Philippe Karl dai primi anni in cui venne in Italia (maestro che lo ha introdotto alla filosofia della “leggerezza” da subito percepita come «giusta, funzionale e motivante per una equitazione corretta e giustificata»), si è interessato ai corsi di isodinamica di André Bourlet Slavkov, è stato consigliere della S.I.A.E.C.– Scuola Italiana di Arte Equestre Classica, ed è oggi l’ideatore e il responsabile della F.E.E.L. (associazione Formazione Etologia Equitazione Leggerezza). Professionista di Doma Classica e Doma Vaquera e addestratore («dall’inizio della mia carriera ad oggi ho addestrato e rieducato più di 500 soggetti nelle più svariate discipline: volteggio, attacchi, salto ostacoli, dome da lavoro, redini lunghe, ecc.», ricorda), ha inteso dedicarsi a un approfondimento “qualitativo” dell’equitazione, basato sull’applicazione pratica dei principi dell’etologia «senza la pressione del “dimostrare” o del “dover dare subito risultati”: ed è così che i risultati sono arrivati, e sono per me i più importanti». Nel 1990 Antonello Radicchi ha aperto un suo Centro in Umbria (Tenuta di Reschio), nell’alta Valle del Tevere nei pressi di Città di Castello, dove opera tutt’ora.

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