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L’asma nel cavallo, specchio della stessa patologia umana

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22 dicembre 2017 #focus

È dimostrato che l’invecchiamento comporta uno scompenso nella regolazione del sistema immunitario, che induce a sua volta ad uno stato generale di infiammazione dell’organismo. Una condizione questa, alla quale si è deciso di attribuire scientificamente un nome specifico: “infiammazione dell’invecchiamento”.

Con quanto detto ci riferiamo al genere umano, ma stiamo per scoprire che l’invecchiamento e le patologie che da questo naturale e inevitabile processo possono scaturire danno luogo ad una condizione simile anche nel cavallo.

Con il progredire dell’età i nostri anziani sono più soggetti alle infezioni e alle malattie autoimmuni, così come risultano essere meno sensibili agli effetti “protettivi” dei vaccini. Invecchiamento e antiossidanti sono due parole da sempre legate. La capacità degli antiossidanti endogeni di controbilanciare la produzione di sostanze reattive all’ossigeno (responsabili appunto dell’invecchiamento) e prodotte fisiologicamente da numerosi processi metabolici cellulari, diminuisce, infatti, con il progredire dell’età. Questo in qualsiasi specie.

In un numero crescente di disturbi che colpiscono il nostro organismo viene descritto uno specifico fenotipo associato all’invecchiamento che ha un profilo clinico diverso negli anziani rispetto alla popolazione adulta più giovane.

L’asma, legata al delicato apparato respiratorio (che si trova quotidianamente esposto ad un elevato carico di antigeni in particolar modo in quella fase della vita dove il sistema immunitario è sottoposto ad un duro sforzo), è uno di questi disturbi. Quando colpisce in età avanzata registra un tasso di mortalità molto più elevato rispetto alla malattia che colpisce gli adulti o i bambini.

Lo studio scientifico The Contribution of Oxidative Stress and Inflamm-Aging in Human and Equine Asthma, condotto dalla ricercatrice italiana Michela Bullone del dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università degli Studi di Torino e da Jean-Pierre Lavoie, ricercatore della facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Montreal, pubblicato lo scorso 5 dicembre 2017 sull’International Journal of Molecular Sciences, ha dimostrato come l’invecchiamento rappresenti un fattore di rischio per lo sviluppo dell’asma anche nel cavallo.

Ma quanto è profondo il legame tra patologia ed età? Nella specie equina gli animali di età superiore ai 5 anni sono cinque volte più a rischio di sviluppare il disturbo rispetto ad individui più giovani; superati i 15 anni di vita il rischio arriva ad essere fino a ben diciotto volte maggiore. Nella forma grave della patologia gli equini si trovano soggetti a episodi di respiro affannoso ma, quando questa non è portata da infezione, la condizione è reversibile grazie a broncodilatatori.

Le ragioni di un fenomeno fortemente crescente in maniera direttamente proporzionale all’aumentare degli anni di vita non sono però purtroppo ad oggi ancora chiare, ma l’insorgenza del disturbo potrebbe essere indotta da fattori sia genetici che ambientali. Dunque una grande complessità. Essendo poi la condizione fortemente legata all’avanzare dell’età sembrerebbe assolutamente necessario considerare come influente il contributo dello stress ossidativo ad essa correlato.

In questo panorama, cavallo e uomo sembrerebbero dunque potersi dare una mano. Il primo potrebbe essere un valido aiuto per portare avanti gli studi e la ricerca scientifica sul secondo grazie a due fattori che si rivelano fondamentali: la presenza naturale della malattia nella popolazione equina (specialmente quella legata al pascolo estivo, per la quale il disturbo è stato classificato come SPAOPD – Summer Pasture Associated Ostruttiva) e la sua longevità. L’età è quindi oggetto di attenzione e al tempo stesso sostegno alla ricerca.

Con una vita media di 25 anni infatti, equivalenti a 71 anni di una persona e che può estendersi fino a 40 in alcuni casi, neanche troppo rari, i cavalli offrono un aiuto prolungato rispetto a quanto potrebbero fare altre specie animali, come ad esempio i roditori. Tuttavia, allo stesso tempo, vi sono incertezze scaturenti dall’inesistenza, nella condizione attuale, di mezzi che consentano di poter prevedere con sicurezza quali individui di una data popolazione di equidi verranno colpiti dal disturbo.

Molto ancora deve essere fatto per disporre di un’analisi a tutto tondo del fenomeno, complesso per natura e fattori di rischio, ognuno contribuente con un peso differente nella manifestazione della malattia, ma ancora una volta uomo e cavallo sembrano essere vicini tanto quanto è nell’immaginario comune di chi li ama e, come spesso accade, è il secondo ad essere un grande sostegno per il primo.

©M.C. Bongiovanni – riproduzione riservata; foto di copertina: ©equestrianlifemagazine.co.uk

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Redazione EQIN
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