Com’è la vita che il tuo cavallo conduce ogni giorno? La conosci davvero? | Il Moralizzatore Equestre
09 marzo 2018 | Il Moralizzatore Equestre
Questo clima orrendo mi rende malinconico, di pessimo umore. È da novembre che sto rinchiuso in un coperto 30 x 50 senza vedere la luce del sole. Sono apatico e nervoso e non ho neanche piacere ad andare in scuderia, con questo freddo umido schifoso che mi entra nelle ossa. Ora mi chiedo: perché mai dovrebbe essere diverso per il cavallo? Tutto l’inverno a vedere le stesse quattro schifosissime mura. Capisco che possa incristarsi anche il cavallo più bravo al mondo.
Il mio, per fortuna, esce a paddock. Non un gran paddock, per la verità. 20 x 40. Ma ha fondo in sabbia e la recinzione antinfortunistica e mi sento più tranquillo. Ma ci sono cavalli che fuori non escono proprio. Anzi, alcuni hanno soltanto una finestra, che affaccia magari sul corridoio. Ma che vita fanno? Forse non ci rendiamo conto che i box sono scatoline. Tenere un cavallo sempre dentro è come far vivere un gatto nel trasportino o il cane nel kennel. E’ normale che poi esca di testa. Se guardo questi cavalli che vivono sempre dentro, vedo tanto malessere.
A volte è evidentissimo, come quando ballano o battono o ticchiano o fanno le smorfie (le solite stereotipie con la bocca e la lingua, le avrete viste anche voi). Lì solo un cretino non si accorge che qualcosa non va, che il cervello sta andando in tilt.
Ci sono però cavalli che ad una prima occhiata sembrano normali, non danno segni di evidente malessere. Ecco, questi sono i più sfigati. Siccome sopportano meglio di altri l’alienazione, non hanno speranze di migliorare la loro vita, perché “stanno bene così”.
E invece dovremmo cercare sempre di capire l’umore del nostro cavallo e di intervenire per tempo. Come? Non è semplice, ma si può fare. Innanzitutto con un po’ di empatia.
Chiediamoci sempre come sta il cavallo, com’è la sua vita, se i suoi bisogni sono appagati oppure no.
1) come sta il cavallo? Non c’è modo di saperlo se non… chiedendo direttamente a lui. Ecco dunque che dobbiamo ascoltare il cavallo, prestargli attenzione. In sella siamo abituati a parlare sempre noi, siamo prepotenti per natura. Ci hanno insegnato che si fa quello che dice il cavaliere e si va dove vuole lui. Va benissimo, ma deve andar bene anche al cavallo. Ricordiamoci di ascoltarlo, di chiedergli come sta, di lasciarlo esprimere. Riguardo al fisico la cosa è abbastanza intuitiva. Se prendo un cavallo zoppo e lo impicco ben bene nelle redini di ritorno, gli impedirò di basculare e quindi renderò meno evidente (fino a nasconderla del tutto) l’irregolarità dell’andatura. Ecco perché il veterinario vuole vedere il cavallo trottare alla corda o, se montato, a redini lunghe: se lo si lascia parlare, il corpo del cavallo racconta tante cose. E la cosa non cambia se parliamo della sua mente. Anche lì, se vogliamo sapere come sta il cavallo, dobbiamo lasciarlo libero di dire la sua, di spiegarsi. Esce volentieri dal box? Entra in campo spedito? Tende a trascinarmi alla porta? Come reagisce quando altre persone o altri cavalli si avvicinano? Come si comporta con il cibo? Digrigna i denti? Appiattisce le orecchie? Insomma, ascoltiamo quello che il cavallo ha da dire.
2) com’è la vita del cavallo? Qui dobbiamo essere obiettivi e vedere le cose come stanno. Dobbiamo sapere quanto fieno mangia, in quanti pasti e quando. Quanto mangime. Quante ore sta fuori, dove e come (se esce da solo, in compagnia, se ha un riparo, com’è il fondo, se ha, almeno a vista, altri cavalli, ecc). Se la finestra gliela tengono aperta o chiusa e che cosa vede. Dobbiamo ricordarci che se lo montiamo la domenica mattina e poi torniamo martedì sera, il cavallo non è stato in box “1 giorno”, bensì 2 giorni e rotti. Occhio poi alla pulizia e al livello della lettiera (deve potersi coricare senza stramazzare sul cemento, per intenderci, e senza essere costretto a dormire in una latrina). Teniamo presente tutto, snoccioliamo la routine del nostro cavallo e poi passiamo al punto successivo.
3) questa vita è in grado di appagare i bisogni del cavallo? Ho trovato in giro un sacco di tabelle, slide, disegnini su quelli che sono i bisogni del cavallo. C’è scritto roba tipo esplorare, accoppiarsi, prendersi cura dei cuccioli… Si, forse per i Mustang del Montana. Il cavallo sportivo non è paragonabile a quello selvaggio. Non ha conosciuto la fame e la sete (o almeno lo spero), i predatori, le lotte tra stalloni ecc.. Si tratta di un animale domestico. Ecco, i Mustang stanno al cavallo come il gatto selvatico sta al gatto. Felix farà le fusa, si lascerà accarezzare, ci si struscerà sulle gambette (salvo ok, tirarci una zampata quando si è rotto le scatole). Il suo cugino selvatico invece non si fa avvicinare e, se messo alle strette, ti stacca un dito senza tanti complimenti. Sono due mondi completamente diversi. Se la sicurezza è importantissima per il Mustang (che da solo rischia la pelle), così non è per il nostro Fulmine. Fulmine dorme sdraiato, russa e non si cura del cane che gli corre intorno. Il bisogno di protezione dell’animale domestico è irrisorio. Salvo casi particolari, i nostri cavalli non soffrono la fame e non hanno il problema di procurarsi il cibo, tanto che spesso lasciano il fieno in eccesso. I più grossi disagi che affliggono il cavallo sportivo (che praticamente non esistono per il Mustang) sono la solitudine, la noia e la mancanza di attività, movimento. Dobbiamo quindi permettere ai cavalli di svagarsi e muoversi per i fatti loro, senza il cavaliere sempre tra le balle. Devono stare in compagnia e se possibile toccarsi tra loro, interagire, farsi degli amici. Avere delle relazioni sane. Il che non significa sbattere 2 cavalli a caso insieme in un paddock 20 x 40, perché il più delle volte – per la legge di Murphy – si prenderanno a calci in faccia. E non significa nemmeno abbandonare in un fondo un cavallo da concorso che è sempre vissuto in box, pensando che campi con quello che trova. Una sana via di mezzo, insomma, tra quella che è stata una infelice routine (ma pur sempre una routine) e una vita totalmente nuova (benchè, in teoria, a misura di cavallo).
Come si è visto, non è poi così difficile dare ad un cavallo una vita dignitosa, felice, rispettosa della sua natura. Basta essere onesti con se stessi ed essere disposti a qualche sacrificio, a qualche cambiamento.
Ricordatevi che alla fine, in ogni campo della vita, perché un rapporto funzioni davvero c’è bisogno che stiano bene tutti e due le parti coinvolte. Perché mai l’equitazione dovrebbe essere diversa?
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