L’esperienza di Francesca Ramazzotti, groom olimpico di Pietro Roman
02 settembre 2016
CavalDonato Communication con Eventing Italy:
Vi sono sogni che non restano nel cassetto; vi sono desideri, verso i quali una persona può aver indirizzato buona parte della sua vita con l’unico obiettivo di realizzarli, che ad un certo punto si materializzano… l’emozione è così tanta, che ancora oggi Francesca Ramazzotti la tradisce dalla voce, mentre ci racconta la recente esperienza vissuta ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro. Francesca era infatti presente come Groom di Barraduff, ossia del cavallo di Pietro Roman, binomio membro della squadra azzurra olimpica nella disciplina del Completo. Classe 1981, figlia di genitori italiani, cresce e vive in Scozia fino all’età di 16 anni; a 20 anni rientra in Italia, oggi è torinese. Francesca ci dice di aver sempre desiderato di poter svolgere il suo lavoro nell’eccellenza di contesti internazionali fino, appunto, all’empireo olimpico. Si definisce una groom free-lance: le abbiamo anzitutto chiesto di raccontarci qualcosa del suo lavoro, quali sono le caratteristiche secondo lei imprescindibili per svolgerlo al meglio e, soprattutto, come si arriva ad avere tutte le competenze necessarie per supportare uno o più atleti durante impegni agonistici così importanti:
[F.R.] Con Pietro Roman, come in altri casi, collaboro solo per le gare. Risalendo alle origini, a sedici anni mi sono trasferita in Inghilterra per lavorare con i cavalli, per un periodo di circa quattro anni. La voglia di fare, una smisurata passione e un profondo amore per questi animali non mi sono mai mancati, e credo siano e restino queste le prerogative fondamentali del mio mestiere. Mi sono dedicata soprattutto – ma non esclusivamente – ai cavalli da completo: questa disciplina è come una grande famiglia, ci si conosce un po’ tutti, è un ambiente che amo moltissimo.
Negli anni mi sono procurata anche una licenza conto terzi per il trasporto dei cavalli, di modo da poter offrire un servizio il più completo possibile. Le doti essenziali di un buon groom? A mio parere bisogna amare veramente i cavalli, saper lavorare duro, essere sempre concentrati e continuamente disponibili e presenti, spesso senza la possibilità di fare pause: è un lavoro difficile, con grandi responsabilità, ma è fondamentale, importantissimo, gratificante; totale dev’essere la fiducia del cavaliere nei confronti del suo groom, e un groom deve essere all’altezza di questa fiducia, deve dimostrare di saperla meritare. Stima e rispetto reciproco sono le condizioni essenziali di questo rapporto. Dev’esserci poi una buona comunicazione, un continuo scambio di informazioni tra groom e cavaliere, su tutto: dagli allenamenti alla condizione del cavallo – ogni cavallo ha la sua top condizione! Bisogna imparare a conoscere profondamente un cavallo, cosa per lui è normale e cosa no… Il mio lavoro mi piace davvero molto e non desidererei fare altro…
[B.S.]: Francesca, raccontaci allora qualcosa del tuo lavoro alle Olimpiadi:
[F.R.] Nel caso delle Olimpiadi, sono partita anzitempo – non ho accompagnato i cavalli in viaggio – per preparare tutto, per poterli accogliere all’arrivo di un viaggio molto lungo, in aereo – cosa che non avevano mai fatto prima. Tutto è andato per il meglio, i cavalli sono arrivati a Rio De Janeiro sereni, solo un po’ stanchi ma così come accade dopo un qualsiasi altro viaggio: in due giorni erano già al top della forma, pronti per iniziare le gare. Tutta la mia prima attività è stata quella di monitorare il loro stato di salute, a stretto contatto con il veterinario federale Marco Eleuteri. In seguito, come richiesto dalla disciplina del Completo, che riserva grande spazio diciamo allo “sfoggio dell’abilità” di un buon groom, ho lavorato alla presentazione ottimale del cavallo per il vet check: cavallo intrecciato, pulito, preparato al meglio!
Al contempo, mi sono occupata del loro mantenimento in condizione – passeggiate, ecc. La parte più dura del mio lavoro è stata, anche in questo caso, dopo la prova di cross country: noi groom stiamo all’arrivo, accogliamo il cavallo appena il cavaliere scende e il nostro obiettivo è il defaticamento, il ripristino dei suoi parametri di normalità – calore corporeo e respirazione; dopo l’ok del veterinario, il cavallo può quindi tornare in scuderia, dove, oltre a monitorarlo per le ore successive, si applica ghiaccio alle gambe a cicli ripetuti, insomma, si sta con lui per parecchie ore, fintantoché la sua condizione generale torna ottimale, permettendogli di ristorarsi nel modo più adeguato possibile.
[B.S.]: Finalmente coronato: Rio 2016 per Francesca….
[F.R.]: Come hai detto tu, la recente esperienza olimpica è stata per me la suprema realizzazione di un sogno che coltivo da quando avevo 12 anni, ho sempre desiderato fare questo lavoro: è stata per me il top dei top, non ha tradito le mie aspettative, anzi, in larga misura le ha superate. Al punto che, fino all’ultimo, non ho realizzato che stava accadendo davvero… ho iniziato a rendermene conto solo una volta salita sull’aereo. Una mescolanza di tensione, ansia, in taluni casi angoscia ha caratterizzato tutto il lunghissimo periodo precedente, quello di preparazione all’evento: l’enorme organizzazione inizia mesi e mesi prima, non è nemmeno riassumibile… poi, come sempre accade quando si lavora con i cavalli, si vive la paura che succeda qualcosa, che si facciano male e che il sogno tanto desiderato sfumi improvvisamente. Tuttavia, ce l’abbiamo fatta: conserverò un ricordo indelebile del preciso momento in cui la grande emozione provata mi ha confermato che sì, c’eravamo, stava succedendo davvero… è accaduto all’ingresso dell’Arena per fare le prove [vedi foto di copertina dell’articolo, NdA], due giorni prima dell’inizio ufficiale delle gare: pur presentandosi vuota rispetto a come l’avete vista voi (o forse proprio per questo) mi hanno colpito la sua vastità, le sue bandiere al vento, i suoi maxi schermi, insomma, tutto il meraviglioso contesto che anche voi ormai conoscete mi ha finalmente fatto rilassare, lì ho vissuto ed assaporato davvero che noi, noi c’eravamo. Un ringraziamento a Pietro e Barraduff per avermi dato l’opportunità di accompagnarli in questa esperienza unica che sarà, si spera, la prima di tante altre!
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