Massimo Argenziano si racconta
05 agosto 2015
CavalDonato Communication → Approfondimenti
B.S.: Per ciò che riguarda l’ambito equestre, sono soprattutto gli indimenticabili scatti nelle discipline del Completo, del Galoppo e del Polo a parlarci di Massimo Argenziano (classe 1962, di origini romane), certamente annoverabile tra i grandi maestri italiani della fotografia sportiva odierna. Fin dai recenti inizi della nostra attività, Massimo è stato ed è tra i supervisori e i partners di CavalDonato Communication, pertanto è un piacere ancora più grande scambiare quattro chiacchiere con lui, per presentarne la figura professionale, ma non solo… quel che anzitutto colpisce, della sua persona, è l’affabilità, la disponibilità e l’entusiasmo. Ma farei finalmente parlare te, Massimo: a quando risale il tuo primo scatto “importante”, cosa puoi raccontarci del tuo percorso professionale? Quali sono state le principali ragioni che ti hanno infine portato ad eleggere l’attività sportiva quale principale oggetto dei tuoi ritratti?
M.A.: Sinceramente non ricordo il mio primo scatto importante, è talmente tanto che mi occupo di fotografia che è difficile… poi le fotografie sono come i figli: le ami tutte, una per un motivo, una per un altro, non hai una preferita… magari però, senza andare troppo indietro nel tempo, ci sono delle foto recenti alle quali sono particolarmente affezionato: come il giro d’onore del Team Spagnolo nella FEI Nation CUP (perché mi ha dato la possibilità di lavorare poi per la FEI), oppure lo scatto per gli Europei Pony di Milstreet (dopo tanto tempo finalmente fotografavo una premiazione dove il Team Italia era sul podio); ricordo inoltre con entusiasmo le foto di Badminton del 2013 dove erano in gara ben cinque Italiani… ma le immagini sono talmente tante che non smetterei più di parlare. La fotografia ha fatto parte della mia vita da sempre, ho iniziato a lavorare giovanissimo in Speed Color, il laboratorio fotografico professionale fondato da mio padre nel ’74, anche lui fotografo (pubblicitario), laboratorio dove quotidianamente ho avuto la possibilità di rapportarmi con gli importantissimi professionisti dell’epoca che lo frequentavano, fotografi di svariati ambiti (pubblicità, moda, attualità, arte e sport). Per anni ho collaborato con loro dietro le quinte, anzi “in camera oscura”: ho così avuto la possibilità di studiare, apprendere e fare mie diverse tecniche di ripresa. Finché un bel giorno ho deciso di rendere “una sola cosa” le mie passioni: lo sport, la fotografia, i cavalli ed i viaggi… ho quindi iniziato a seguire con continuità le gare di Completo in Italia ed all’estero e, nel fotografarle, ho contaminato la fotografia sportiva, trasferendo le esperienze assimilate nel tempo, conferendo loro a volte un taglio pubblicitario, altre volte quello artistico, insomma arricchendole a seconda delle circostanze o del momento… la cosa che mi sento dire più spesso ancora oggi è: “le tue foto sono diverse”, ed è la soddisfazione più grande.
B.S.: All’inizio abbiamo elencato le discipline sportive in cui i tuoi servizi fotografici hanno fatto la storia (Completo, Galoppo, Rugby), dove i tuoi scatti sono stati al servizio di cavalieri oltremodo importanti (Stefano Brecciaroli, Vittoria Panizzon, Dirk Schrade, Albert Hermoso Farras e molti altri) ma anche dell’ufficialità di competizioni internazionali (Badminton, Aachen, WEG in Normandia per la FISE, Campionati Europei, FEI Nation Cup ed altri eventi FEI): sappiamo che ami ancora, tuttavia, occuparti della “normalità”, sia essa rintracciabile nel piccolo allevamento che vuole rilanciare la sua immagine, o nella scuderia, o nel cavaliere che vuole immortalare la gara della sua vita…
M.A.: Oltre al gesto sportivo e alla competizione amo fotografare quello che circonda lo sport e la vita che riconduce alla competizione, come ad esempio gli allevamenti di cavalli, le scuderie sempre ricche di fascino, gli atleti durante il training o nei momenti prima e dopo la gara, le persone che vivono nel mondo dello sport anche non da protagonisti, ma come indispensabile sostegno… Cerco di non farmi mai sfuggire tutte le situazioni dalle quali posso mettere in evidenza la bellezza di questo mondo.
B.S.: H. Cartier-Bresson sosteneva che “le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento”. Soffermiamoci proprio su quanto ci hai appena detto, dato che nell’ambito equestre sei noto e apprezzato anche e soprattutto per la tua grande capacità nel catturare dettagli, volti, emozioni e attimi particolari del “pre” e “post” gara: che cosa vai cercando, attraverso l’obiettivo, in quei momenti?
M.A.: Fondamentalmente sono una persona molto curiosa, caratteristica che considero tra le più importanti per poter svolgere questa professione in maniera stimolante: non si deve mai smettere di studiare, bisogna conoscere gli atleti, conoscerne le abitudini ed intuire le situazioni utili ad un buon scatto, che si possono creare in determinate circostanze. Negli ultimi tempi, una foto in particolare mi ha spinto a fare delle considerazioni in questo senso: a Ravenna durante la premiazione del CIC 3* vinta da Stefano Brecciaroli, il figlio sfugge alle attenzioni della mamma e corre verso il podio dal papà che scende e lo abbraccia consegnandogli la coppa ricevuta, provocando un momento di quelli che fanno bene allo sport. Gli ho scattato una di quelle foto a cui tengo molto, perché riguardandola ho poi pensato a quando quel ragazzino si soffermerà in futuro su quella foto, quando sarà ormai un uomo e magari la mostrerà ai suoi figli…
B.S.: Ti ritieni più un nostalgico della pellicola o un progressista (cioè come colui che vede nella diffusione dei mezzi e nello sviluppo sempre maggiore dell’alta definizione solo un bene)?
M.A.: Sono cresciuto al “buio”, tra pellicole ed ingranditori, la pellicola è stato il primo amore, ma ho avuto la fortuna di vivere la grande trasformazione della fotografia e, cosa fondamentale, ne ho capito l’importanza cavalcando il progresso. Oggi abbiamo la possibilità di raggiungere una qualità elevatissima in fase di scatto, si possono ottenere immagini con una definizione un tempo inimmaginabile e, non da ultimo, possiamo anche monitorare il lavoro che stiamo facendo.
B.S.: In chiusura, un’osservazione: oggi il digitale ha reso accessibile la fotografia a molte più persone, certamente inflazionandola. Come si pone un professionista di fronte agli innumerevoli “scatti amatoriali improvvisati”? Quali sono gli avvertimenti, quali i consigli principali che ti senti di rivolgere a chi desidera fare fotografia?
M.A.: Ormai siamo arrivati al punto dove nelle gare tutti hanno una fotocamera o un telefono che fa delle foto, spesso si incontrano fotografi amatoriali anche con buone attrezzature, ma fare il fotografo per mestiere è diverso, la fotografia di un professionista si distingue sempre, ogni foto è importante e non puoi sbagliare, per questo motivo si parte ogni volta con attrezzature pesantissime con varie ottiche, fotocamere e radiocomandi, non sai quale situazione puoi trovare, devi essere pronto! Non c’è errore né fortuna possibile: tu in quel momento devi con le tue foto testimoniare e far rivivere momenti possibilmente esaltanti… certo, anche ad un amatore può accadere di fare una (o anche più d’una) buona foto, ma tu non ti affidi al caso, ed ogni immagine dev’essere buona. Un consiglio che posso dare a chi vuole fare fotografia è di curare la qualità, studiare e soprattutto non inondare i social network di foto troppo spesso mal riuscite (cavalli non armonici, cavalieri scomposti)… per fotografare un binomio nel gesto atletico bisogna, come dice un “vecchio fotografo” mio amico (Paolo Biroldi) “conoscere la dinamica del salto e delle varie figure del cavallo, sapere quando si verificano i momenti più “alti” in senso fotografico e non lasciarseli sfuggire” (cit. Biroldi)… ho creduto talmente tanto in questa affermazione che l’ho riproposta come motto e principio guida nel mio sito web (http://www.massimoargenziano.it/). Concludo dando un solo consiglio agli aspiranti fotografi: poche foto, ma buone!
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Massimo Argenziano