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EQUESTRIAN INSIGHTS Il cavallo nella storia e nell'arte

Scopriamo le antiche origini di domesticazione ed equitazione

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Per quanto ormai noti, rimane tutt’oggi sorprendente l’attualità dei primi trattati sull’equitazione: i più antichi pervenuti in forma scritta risalgono al XIV secolo a.C. (1350 a.C.). Ne fu l’autore Kikkuli, il “maestro di cavalli” di origine mitannica (regno situato nel nord della Mesopotamia), venne assoldato da Šuppiluliuma I, re degli Ittiti (popolo di lingua indoeuropea che nel II millennio a.C. abitò la parte centro-orientale dell’Asia Minore), con l’incarico di formare un reparto di cavalli per carri da guerra.

Nei primi anni del ‘900 furono ritrovate le sue 6 tavolette di argilla con incisi caratteri cuneiformi che descrivevano tecniche basate sull’addestramento dolce dell’animale che, con gradualità, ambivano alla costruzione della fiducia nell’uomo.

Kikkuli pose le basi per l’allenamento utilizzato ancora oggi nella doma naturale, grazie ai suoi metodi di addestramento e selezione straordinariamente efficaci, la cavalleria ittita acquisì rapidamente una netta supremazia nell’area medio-orientale. Si dovrà poi attendere fino al 350 a.C., quando l’ateniese Senofonte redasse il già più conosciuto “Sull’equitazione” (+ informazioni clicca qui).

Ancor più sorprendente è che l’equitazione in quanto tale, e non la sola domesticazione dei cavalli sia databile intorno al IV millennio a.C. in Russia / 3000 a.C.! Questo ci dicono gli studi di bioarcheologia degli ultimi tempi: i resti ossei di scheletri umani trovati in tumuli funerari risalenti a 4.500 e 5.000 anni fa che appartenevano alla cultura Yamnaya (una popolazione di guerrieri a cavallo che raggiunse il continente dalle steppe orientali a partire da 5.000 anni fa), dimostrerebbero che quelli vissuti intorno al 3000 a.C. furono i primi cavalieri della storia.

«L’equitazione sembra essersi evoluta non molto tempo dopo il presunto addomesticamento dei cavalli, ed era già piuttosto comune tra gli Yamnaya vissuti tra il 3000 e il 2500 a.C.», spiega Volker Heyd dell’Università di Helsinki e membro del team internazionale che ha effettuato la scoperta. Nonostante l’attrezzatura utilizzata dai primi cavalieri sia raramente conservata e l’affidabilità delle patologie dentali e mandibolari equine rimangano contestabili, l’equitazione ha due componenti interagenti: il cavallo come cavalcatura e l’uomo come cavaliere.

Essendo il cavalcare un’attività fisica impegnativa produce cambiamenti adattativi dell’apparato muscolo-scheletrico come risposta a frequenti fattori di stress biomeccanici specifici che sono ben documentati. Le alterazioni associate all’equitazione negli scheletri umani forniscono quindi probabilmente la migliore fonte di informazioni.

Lo studio si è basato su 217 scheletri scoperti in 39 siti di Europa e Asia. Di questi scheletri, 150 appartenevano a nomadi della cultura Yanmaya e, in 24 di essi, i ricercatori hanno identificato sei tratti tipici della cosiddetta “sindrome da equitazione”: mostrano cambiamenti nella morfologia ossea e patologie distinte associate all’equitazione. Questi sono gli esseri umani più anziani finora identificati come cavalieri.

L’uso dei cavalli per il trasporto è stato un passo decisivo nello sviluppo culturale umano. Gli scambi commerciali e culturali, nonché i conflitti e le migrazioni sono aumentati con l’aumento della velocità e della portata forniti dall’equitazione. La ricerca archeologica, archeozoologica e paleogenetica sugli inizi dell’addomesticamento del cavallo e l’espansione iniziale dei cavalli addomesticati (Equus caballus) ha recentemente visto molti progressi, così come la nostra comprensione della comparsa di carri veloci trainati da cavalli risalente al 2000 a.C.

Ciò che ci manca è la prova archeozoologica o artefatta del loro uso, sia come bestiame, come bestia da soma o animale da cavalcatura e da tiro, o come bene di prestigio. Tuttavia, la quantità e la conservazione dei resti del cavallo Yamnaya non sono sufficienti per gli studi di biomeccanica riguardanti il possibile utilizzo. Inoltre, l’equipaggiamento da equitazione specializzato non è essenziale per l’equitazione o può essere realizzato solo con materiali deperibili, quindi la sua assenza nei risultati non è una prova contro la teoria della presenza dell’equitazione. I numerosi studi su scheletri umani storici con attività equestre nota dimostrano il valore informativo di un certo insieme di tratti osteologici specificamente associati all’equitazione, su cui basiamo le nostre osservazioni.

Lo studio ha preso in esame sei tratti distintivi: 1) Reazioni di stress enteseale su bacino e femore; 2) Ovalizzazione acetabolare; 3) Alterazioni femoroacetabolari; 4) Forma della sezione trasversale dell’osso; 5) Degenerazione vertebrale indotta da stress; 6) Trauma accidentale.

Ogni singola caratteristica potrebbe non essere un “marcatore professionale” specifico per l’equitazione. Però la presenza simultanea di tutti e sei i tratti nel caso dell’uomo Strejnicu Yamnaya, conferisce all’interpretazione dell’equitazione abituale un buon grado di plausibilità.

I marcatori di stress biomeccanico sugli scheletri umani forniscono un modo praticabile per indagare ulteriormente sulla storia dell’equitazione e possono persino fornire indizi sugli stili di monta e sull’attrezzatura.

L’ulteriore ritrovamento di ossa con quattro delle sei patologie tipiche di chi monta a cavallo, trovate in una tomba datata intorno al 4300 a.C. nella provincia di Csongrad, in Ungheria, ha fatto emergere un’ipotetica datazione ancora precedente alla popolazione Yamnaya.

(13 maggio 2023) © S.Scatolini Modigliani; riproduzione riservata; fonte principale e immagine: https://www.science.org/;

Redazione EQIN
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