Cushing nel cavallo, una ricerca australiana rivela: difficile coglierne i primi sintomi

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I primi segni clinici della PPID, Pituitary Pars Intermedia Dysfunction, nota anche come ipercortisolismo o sindrome di Cushing nel cavallo (Cushing’s Disease), non sono facilmente riconoscibili. Un elemento che purtroppo porta ad un inevitabile ritardo nella successiva cura. È quanto evidenzia la ricerca portata avanti dagli australiani Naomi Kirkwood, Kristopher Hughes e Allison Stewart e pubblicata sulla rivista “Veterinary Sciences”. Nonostante, spiegano i ricercatori, la consapevolezza della presenza di malattie endocrine nei cavalli sia aumentata negli ultimi anni, non è ancora facile coglierne i primi segnali e per questo motivo la sindrome di Cushing equina viene spesso diagnosticata soltanto in una fase avanzata.
Questo disturbo (+ informazioni clicca qui) noto anche come ipercortisolismo, è di natura endocrina, dunque, ormonale, ed è molto frequente nei cavalli, soprattutto dai 15 anni in su. Harvey Williams Cushing, il chirurgo che per primo, tra fine ‘800 e inizio ‘900, indentificò la sindrome (che può colpire anche l’uomo), si rese conto che i problemi collegati a questo disturbo derivavano da un’iperattività della pars intermedia dell’ipofisi, la ghiandola endocrina situata alla base del cranio, sotto l’encefalo, che regola moltissime funzioni dell’organismo.
La PPID influisce sulla qualità della vita del cavallo, sul sistema immunitario e sulle prestazioni atletiche e i sintomi più comuni sono pelo lungo, atrofia muscolare, addome pendulo, infezioni, letargia, zoppia, molta sete e tendenza a urinare più del normale. Recentemente molti studi si stanno concentrando proprio sull’approfondire i sintomi e i primi segni clinici della malattia, così i tre studiosi australiani hanno deciso di passare in rassegna quanto scritto e studiato su questo disturbo, arrivando alla conclusione che i processi fisiologici alla base del PPID non sono ancora del tutto chiari.
Bisogna, dunque, lavorare ancora molto sul riconoscimento dei segni clinici precoci e sulla diagnosi, perché soltanto iniziando il trattamento della sindrome del Cushing in tempo si migliorerà e prolungherà la vita del cavallo. Per farlo, partendo dai test diagnostici già utilizzati, come il test di stimolazione del TRH (Ormone di Rilascio della Tireotropina) e il test sulla concentrazione basale dell’ACTH (noto come ormone adrenocorticotropo), bisogna sempre considerare gli intervalli di riferimento, e scadenzarli in modo da evitare falsi negativi o falsi positivi.
Secondo gli autori, infine, la ricerca futura dovrebbe puntare a migliorare l’accuratezza dei test, poiché la concentrazione basale dell’ACTH può mancare di sensibilità e il TRH utilizzato non è disponibile in molti paesi. Altri aspetti sui quali indagare ancora, secondo i ricercatori, sono la relazione tra PPID e la mancata regolazione dell’insulina e la sua associazione con la laminite ((+ informazioni clicca qui), nonché nuove pratiche di gestione e risposte a lungo termine al trattamento con pergolide.
La prevenzione, dunque, è fondamentale, perché una diagnosi che si basi solo su segni clinici evidenti sarà una diagnosi arrivata troppo tardi.
Una volta diagnosticata la PPID, infine, evidenziano i ricercatori, è necessario fare molta attenzione all’alimentazione, visto che i cavalli con questo disturbo spesso riportano perdita di peso e atrofia muscolare. “Se i cavalli iniziano a perdere peso, sarà necessaria un’alimentazione supplementare per migliorare le loro condizioni corporee e la dieta dovrebbe regolarsi in base ai valori dell’insulina”, si legge nella ricerca. Potrebbe, inoltre, esserci una correlazione tra bassi livelli di vitamina B12 e PPID nei cavalli anziani, aspetto ancora in fase di approfondimento, e vista la carenza immunitaria, devono essere messe in atto rigorose misure sanitarie preventive e protocolli di biosicurezza. E ancora esami dentistici, conta delle uova nelle feci, controllo del pelo, restano accorgimenti importanti nella cura del cavallo malato.
© S.Arpaia; riproduzione riservata; foto: un cavallo con Cushing’s Disease © facebook