#EqTech – La parola a due neoistruttori

04 agosto 2017 #EqTech → Equestrian Techniques
Note a margine, riflessioni e questioni intorno a formazione e istruzione nel e per il mondo equestre > Lifelong Learning (a cura di Gianluca Lupinetti)
Lo scorso mese abbiamo inaugurato la rubrica #EqTech, dove stiamo via via cercando di fare il punto sul difficile tema formazione / insegnamento in ambito equestre: ambito difficile perché, come evidenziato in precedenza, si dice che insegnare sia toccare una vita per sempre. Se poi gli allievi sono due, di specie diversa, cavaliere e cavallo, e devono essere guidati al fine di diventare “due in uno” (il binomio), allora la questione formazione si fa molto articolata e complessa. Credo pertanto sia fondamentale riflettere insieme per creare le basi per un futuro di qualità e non di quantità.
Abbiamo fatto un primo punto delle questioni, presentando i numeri (in percentuale: nel 2015, il 3,27% dei tesserati FISE è diventato OTEB/istruttore federale di 1° livello; nel 2016, il 3,19%) e annunciando i problemi che vorremmo trattare (+info: clicca qui). Oggi proseguiamo iniziando a dare voce a chi ha recentemente deciso e iniziato ad intraprendere il cammino formativo necessario per diventare a sua volta istruttore di equitazione, e oggi pratica questa professione.
Abbiamo dunque coinvolto in questa iniziativa due neoistruttori di 1° livello e cavalieri di 1° grado, Tullia Bocchini e Matteo Sangermano; un’istruttrice ed un istruttore, 23 anni lei, 26 lui, attualmente impiegati nel mondo equestre in contesti diversi (Tullia in un Centro Ippico della Liguria, Matteo in una scuderia privata della Lombardia) a svolgere un lavoro che prima di tutto li appassiona: “Io mi diverto, se il lavoro è fatica io in realtà non lavoro mai, sono davvero appagato da quello che faccio” (Matteo).
Ma com’è nata in loro l’idea di diventare istruttore di equitazione? Se l’amore per i cavalli è stato per entrambi la spinta propulsiva, l’obiettivo di trasformare questa passione in un mestiere è sorto in Matteo un po’ per caso, come spesso capita per le strade probabilmente migliori, su suggerimento ed input diretto del suo istruttore durante il periodo di “gavetta” come atleta; per Tullia è stato ed è perseguito con maggior puntiglio e metodicità: “Amo insegnare perché c’è sempre da imparare: in realtà si resta sempre allievi, non mi sento arrivata: quello che volevo e voglio fare è prima di tutto insegnare alle persone ad amare i cavalli, e voglio continuare ad imparare a trasmettere nel modo più corretto e proficuo questa mia passione. Per questo adoro i bambini: come spugne, assorbono tutto quello che comunichiamo loro del mondo equestre”. Sotto questo grande motore passionale, è quindi iniziato per entrambi l’iter istituzionale formativo per diventare dapprima OTEB (Operatore Tecnico Equestre di Base), poi istruttore federale di 1° livello. Com’è andata durante i corsi? Entrambi sono stati molto critici nei riguardi del corso federale per OTEB, soprattutto per ciò che riguarda la parte teorica – i moduli didattici: Matteo li definisce addirittura “inutili”. In sintesi, per entrambi, in questo primo step di formazione come istruttori, sono troppe poche le ore dedicate ad approfondire temi delicati e complessi, specie da un punto di vista teorico, anche se va ben specificato che l’OTEB è solo il primo passo riguardante la qualifica di istruttore. Tale figura, al termine delle due unità, dovrebbe poi affiancare un istruttore di esperienza per poter maturare una propria esperienza sul campo e valutare a tutti gli effetti ciò che è stata la loro scelta di vita, con i pro e i contro che si possono ad oggi incontrare.
Entrambi hanno poi lamentato la frequentazione dei corsi OTEB aperta veramente a tutti, troppe persone – ricordiamo che chiunque in possesso del Brevetto può iscriversi – nella maggioranza dei casi con partecipanti non sufficientemente motivati per prestare la dovuta attenzione durante le lezioni. “OTEB: corso troppo semplice, inutile”: questo è stato il loro corale e lapidario commento. Il fatto che i differenti moduli didattici vengano sempre superati da tutti i partecipanti, i quali, anche con visibili insufficienze durante i corsi, solo all’esame finale vedranno pesare un giudizio (questo accade anche per i livelli federali successivi di formazione) è sia per Matteo, sia per Tullia, inaccettabile: “nessuno viene bocciato durante i differenti moduli e questo non è giusto; all’Università, solo se supero ogni singolo esame posso arrivare a discutere la tesi e fare l’esame finale. Dovrebbe essere così anche per la formazione degli istruttori di equitazione”.
Questa dura critica, ovviamente, assume maggior concretezza in quanto proferita da Tullia e Matteo che hanno proseguito con il loro iter di formazione, ed hanno anche tutta l’intenzione di andare avanti: tuttavia, non hanno espresso solo critiche. Entrambi si sono detti entusiasti del Corso per il 1° livello: per ciò che concerne le pratiche, è stato un corso “fantastico”, sebbene svolto in luoghi, momenti e ovviamente con docenti diversi. Nel caso di Tullia poi, si è trattato di un’esperienza davvero itinerante: volendo perseguire sempre il meglio per la sua formazione, la ventitreenne di origini genovesi ha cercato di iscriversi e frequentare i moduli didattici in base a quanto sapeva e le suggerivano i diversi curricula dei referenti, in differenti zone d’Italia. Sia Tullia, sia Matteo hanno concordato sull’importanza di aver avuto a che fare con “veri professionisti che ti mettono nella condizione di fare cose mai fatte fino a quel momento, trasmettendole con passione e generando divertimento: ottimi esempi didattici, che hanno messo in campo tutto un lavoro che poi porterai sempre con te, davvero fondamentale”.
Cala tuttavia un velo tetro sulla loro voce quando tornano alla mente al loro esser stati e aver lavorato come OTEB: infatti spesso i giovani OTEB, senza esperienza e privi di una vera formazione, curano la messa in sella e l’istruzione dei principianti. Matteo e Tullia, forti del loro attuale bagaglio di esperienza, concordano sul fatto che un ruolo di tale importanza – se davvero consideriamo la base come fondamentale per il mondo equestre – non dovrebbe essere ricoperto da figure in alcuni casi davvero inesperte, con alle spalle poche ore di corsi, sia teorici, sia pratici. “I bambini e i principianti in genere assorbono tutto, nel bene e nel male, ci dice Tullia; questo vale anche, seppur diversamente, per l’allievo adulto che inizia a montare a cavallo: in equitazione, il grado di inconsapevolezza e non conoscenza come base per innestare un insegnamento è il terreno più fertile, permette talvolta maggiori e più veloci risultati. Infatti, accade spesso che troppi pensieri negativi sul cavallo – scaturenti magari da spiacevoli esperienze precedenti – limitino e rallentino l’apprendimento. Per un istruttore, fare tabula rasa, decostruire quel che l’allievo ha imparato in precedenza, ivi comprese le abitudini negative, è molto più difficile rispetto al partire da zero; detto altrimenti, meno ne so, più sono portato, volenteroso e “aperto” nel fare. L’allievo che ha un bagaglio di esperienza precedente necessita di grande fiducia nei confronti del suo istruttore”, prosegue Tullia; “va da sé che come istruttore devo essere in grado di affrontare ogni situazione dell’allievo: dal trasmettere buone conoscenze e pratiche a chi non ne sa nulla, al veicolare nel rispetto dei tempi e del carattere dell’allievo, le nuove abitudini e una nuova fiducia in chi qualcosa ha già imparato”. Sia Tullia, sia Matteo sostengono che “non sono poche le difficoltà che s’incontrano quotidianamente nel gestire allievi, genitori e cavalli della scuola” – lo approfondiremo nel prossimo articolo –, pertanto “non si può imparare sempre e solo direttamente sul campo”. Chiediamo a voi lettori: non sarebbe piuttosto opportuno creare un percorso alternativo di formazione mirato alla creazione di figure professionali per la scuola di base in equitazione?
Fateci sapere cosa ne pensate! Nel prossimo articolo vi racconteremo più nello specifico cosa ci hanno detto Matteo e Tullia in merito al loro lavoro quotidiano. Come abbiamo evidenziato in precedenza e anche in questo articolo umoristico (clicca qui), che tanti di voi hanno gradito, fare l’istruttore di equitazione non è lavoro e vita facile; invito pertanto tutti gli istruttori che lo desiderino a mettersi in contatto diretto con me, sia per raccontare la loro esperienza e/o punto di vista, sia per eventuali suggerimenti, critiche o commenti: questa rubrica aspira ad essere uno spazio comune di riflessione, un contenitore che fornisca a tutti uno spaccato il più realistico possibile dei problemi e del concreto vissuto quotidiano di chi fa un lavoro con tante, tantissime implicazioni: per me è il più bello del mondo, quello a contatto quotidiano con i cavalli.
© Gianluca Lupinetti – Riproduzione riservata; foto copertina ©EqIn;
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