Non esistono esercizi facili o difficili in senso assoluto | EqTech
11 dicembre 2017 #EqTech → Equestrian Techniques
Note a margine, riflessioni e questioni intorno a formazione e istruzione nel e per il mondo equestre > Lifelong Learning (a cura di Gianluca Lupinetti)
Abbiamo da poco inaugurato la rubrica #EqTech, dove stiamo via via cercando di fare il punto sul difficile tema formazione / insegnamento in ambito equestre: ambito difficile perché, come evidenziato in precedenza, si dice che insegnare sia toccare una vita per sempre. Se poi gli allievi sono due, di specie diversa (cavaliere e cavallo), e devono essere guidati al fine di diventare “due in uno” (il binomio), allora la questione formazione si fa molto articolata e complessa. Credo pertanto sia fondamentale riflettere insieme per creare le basi per un futuro di qualità e non di quantità.
Oggi prendiamo le mosse da un’ipotetica situazione comune, forse sin troppo diffusa, ambientata in un campo prova di un concorso, a parlare è l’istruttore X:
“Ragazzi venite uno alla volta sull’esercizio. Inizia te, Giulia, poi Roberto poi Serena”
[…]
“Si ok Giulia bene, adesso vieni Roberto. Hai visto come ha fatto Giulia? È facile!”
[…]
“No! Non così! Ripetilo dopo! E stai più seduto!
Ok Serena bene!”
Torna Roberto, dai!”
[…]
“Ma non vedi che il cavallo si sposta tutto da quella parte?!? Vieni qui, scendi che ti faccio vedere”.
Questa situazione, ipotetica, può però adattarsi a diversi episodi reali che avvengono nella quotidianità delle riprese d’esercizio nelle scuderie, durante la classica ora di lezione, oppure frasi e situazioni simili possiamo riscontrarle nei campi prova prima di una gara:
“Vieni sul verticale!!
No così!!! Stai dietro di lui e tienilo fino alla fine! Ripeti!!”
Fino a qui nulla di strano, anzi. Ma proviamo a metterci un attimo nei panni del ragazzo/a che sta provando a fare l’esercizio. Proviamo ad immaginare le sue difficoltà oggettive nello svolgere un determinato esercizio, mentre deve anche sostenere il confronto con altri allievi e/o l’ansia prima della gara, oppure quando giunge per l’allievo il momento di vincere determinate paure personali, varcando la famosa soglia che permette di fare un passo in avanti. Sono questi fattori estremamente importanti che vanno oltre la pura e semplice tecnica.
Di recente ho regalato a mio nipote l’Overboard, una sorta di skateboard ma elettrico che per muoversi segue il movimento del corpo. Spinto dalla curiosità ho voluto provare un “gioco” che alla vista sembrava elementare. Una volta salito sopra sono riuscito a malapena a rimanere in equilibrio senza muovermi di un passo. Guardandomi e ridendo per il mio tentativo, mio nipote mi ha detto : “Scendi, ti faccio vedere io.”
In quel momento mi sono sentito uno stupido, soprattutto nel vedere la sua naturalezza, una volta salito, nel muoversi. Questo mi ha spinto a pensare che vale pertanto una regola fondamentale: come istruttore non posso permettermi di dire “questo è facile, questo è difficile”, perché il concetto è che non esistono cose facili o difficili in senso assoluto. Esiste solo ciò che uno sa fare e ciò che non sa fare in generale, ma anche quel che magari in quel momento e in quella specifica circostanza può essere realizzato dall’allievo, oppure no. Da istruttore il mio compito è stare lì, cercando la via migliore per permettere ad un allievo di imparare. Certo, potrà apparire banale, ma sono convinto che proprio nella semplicità spesso si incontrano le soluzioni migliori. Lo sforzo principale starà nel non perdere di vista proprio quello che per un istruttore appare magari scontato, immediato, semplice. In altre parole, la difficoltà vera sta nell’immedesimarsi nell’allievo. Sforzandosi di ricordare com’era, all’inizio, quando si è stati allievi, e non si sapeva nulla: le sensazioni, le emozioni, quel che ci piaceva in chi ci insegnava, quel che non capivamo proprio. Senza dimenticare il cavallo e dunque la visione d’insieme che quel particolare binomio tutto da costruire o da far progredire ci suggerisce.
Bisogna essere degli esempi, sia da terra, sia a cavallo. Perché è vero che far scendere un allievo da cavallo può essere frustrante in alcune situazioni, ma è altrettanto vero che l’apprendimento visivo è un arma potentissima. Cerchiamo dunque di essere sempre, di incarnare l’equitazione stessa che pretendiamo dai nostri allievi. Da allievi o da istruttori, cosa ne pensate?
© Gianluca Lupinetti – Riproduzione riservata; foto copertina ©A. Benna EqIn;
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