Il valore educativo dell’equitazione è sempre da veicolare per i più piccoli

18 novembre 2020 #focus
Abbiamo più volte sottolineato – non solo noi, e non unicamente i Giornali di settore – i molteplici ed incomparabili benefici dell’equitazione rispetto ad altre attività sportive, anche e soprattutto per i più piccoli: l’avvicinamento di bambini e ragazzi al mondo equestre non è infatti solo l’incontro con uno sport: dovrebbe sempre darsi come percorso accrescitivo e di responsabilizzazione progressiva, di sviluppo della capacità empatica e di quella della responsabilità verso il prossimo, uomo o cavallo che sia: l’intera attività sportiva equestre si costruisce attorno ad un rapporto a due dove, con il supporto dovuto, il primo atleta diverrà in grado di prendersi cura nel migliore dei modi del secondo, e trarre anche numerosi ed inediti benefici dal binomio costituito. Ciò non è poco, anzi: è la bellezza e il potere ultimo, il più forte in qualsivoglia sport a cavallo, a qualsiasi livello lo si pratichi.
Se allora dai giovani e giovanissimi di oggi, impegnati in attività ludico-sportive con il cavallo, proverranno poi ANCHE degli adulti professionisti del settore di domani, è bene fare attenzione a quello a cui i tutori oggi danno forma, da subito: sia come genitori, sia come istruttori.
Ancora di più: nei giovani si cela il futuro della nostra società civile; è nelle loro mani che riponiamo l’avvenire, quel che verrà. In ambito sportivo, e nello specifico del nostro, abbiamo sempre e comunque prioritariamente molto a cuore ANCHE il benessere equino. Senza la salute e la piena collaborazione di questo partner, cosa faremmo?
I ritmi imposti dallo sport di livello non devono, in nessuna maniera, diventare obiettivi primari di bambini e ragazzi e men che meno dei loro genitori, o di chi, a fianco, ne coordina la crescita agonistica. Se fosse esclusivamente così, perderemo tutto il potere del cavallo o del pony come compagno, amico, essere di cui aver prima di tutto cura: a molti sembrerà scontato evidenziarlo, ma, sappiatelo, non è poi così scontato: l’equide non va MAI ridotto a semplice mezzo per raggiungere i propri obiettivi. Le mete sportive, sia chiaro, sono sempre da mettere in conto: devono comunque esserci, sempre, per “fare check” e sono indispensabili per i piccoli/giovani atleti.
Va da sé che in tenera età o adolescenza è certamente molto più alto il valore educativo che si può trarre dal proprio compagno ed amico equino, rispetto a quello dei risultati raggiunti, dati anche i grandi numeri con i quali ci si confronta, sul campo. Per non creare e/o alimentare dei veri “mostri” – la nostra società oggi non ne ha certo bisogno, ne abbiamo già troppi – serve anzitutto “deporre”, “seminare” solide basi empatiche, che poi magari saranno anche davvero utili per raggiungere i risultati, la fama, la gloria… chi può dirlo. Per bambini e ragazzi, si badi, anzitutto, ad un percorso veramente accrescitivo e di responsabilizzazione progressiva, in un ambiente sano… con tutto quel che questo termine significa, nelle scuderie.
Per queste ragioni vi proponiamo oggi un estratto da “Guida al rispetto del cavallo” di Giulia Gaibazzi – Equitare Casa Editrice: questa lettura ci permette di riflettere e mettere “sul banco” cosa sia da intendersi davvero per valore educativo dell’equitazione per i più piccoli/i più giovani.
“Il valore educativo del rapporto con i cavalli è enorme e purtroppo completamente incompreso: i bambini vanno portati a contatto del cavallo per diventare più sensibili e rispettosi e non per sviluppare un carattere forte che gli permetta di sopraffare il prossimo, in questo caso il loro pony.
Ricerche in ambito psicologico hanno dimostrato che per un bambino che vive a contatto con la violenza avrà più tendenza a delinquere da adulto. Se gli adulti guardassero per una volta i propri figli senza gli occhi indulgenti dei genitori, durante una tipica lezione di equitazione li osserverebbero spingere, tirare sull’imboccatura, speronare, frustare, punire davanti al rifiuto di un ostacolo, per poi riaccompagnare l’amato cavallino alla triste e dolorosa esistenza in una stanza buia che si affaccia su un corridoio di grate di ferro. Questa non è educazione: è abituarsi a guardare un altro essere vivente soffrire fino a diventare indifferenti.
Se ci sono i soldi, presto l’istruttore troverà un pony o un cavallo (guarda caso perfetto per il ragazzo) che dopo un anno però si rivelerà inadatto alle crescenti doti del suo cavaliere e dovrà essere sostituito da uno nuovo, migliore, previo esborso supplementare (sempre
un buon affare!) oltre alla restituzione del vecchio cavallo al commerciante. Al piccolo cavaliere dispiacerà molto per il suo primo compagno ma sarà pronto uno splendido nuovo giocattolo, chi rinuncerebbe?
La verità è che probabilmente presto accadrà nuovamente la stessa cosa: il nuovo cavallo andrà sostituito con uno più prestante. Il business dei ragazzi e dei loro cavalli dura di norma fino al periodo universitario: poi gli interessi diventano altri, lo sport troppo impegnativo e si finisce spesso per vendere tutto. Cosa apprenderanno i nostri figli se insegneremo loro a trattare un essere vivente al pari di una bicicletta?
Quanti proprietari cambiano quanti cavalli? Quanti interventi veterinari e quante medicine servono per reggere un’attività sconsiderata e una vita di sofferenze dove nessuno, nemmeno l’istruttore, ha a cuore che il cavallo abbia una carriera lunga e sana, perché si preferisce guadagnare enormemente sulle vendite? Che fine faranno questi cavalli?
A chi teme che la futura carriera equestre dei propri figli non sia possibile senza rispettare il proprio cavallo in ogni ambito, rispondo
che i miei genitori hanno creduto così tanto nel contrario che ad oggi questo è il mio lavoro e che ho una bella carriera, senza aver rinunciato a nessuno dei miei principi“. (© G. Gaibazzi)
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