A mali estremi… – Confessioni di un cavaliere fallito

14 giugno 2020
Lo scorso appuntamento ho condiviso con voi l’esperienza che mi ha cambiato la vita. È stato qualcosa di estremo, di indimenticabile. Una volta provata una sensazione del genere non si può tornare indietro. È come essere investiti da un pullman: non lo dimentichi più.
In molti mi avete chiesto se non ci siano momenti in cui desidererei non aver mai provato quelle sensazioni, e se qualche volta non mi manchi montare a cavallo. Eccome se mi manca! A volte, se mi lascio andare ai ricordi, provo un dolore quasi insopportabile ripensando alla mia vita con i cavalli. Vi ricordate il film Matrix? Ad un certo punto, Morpheus propone a Neo una scelta: pillola rossa o pillola blu. Scegliendo la pillola rossa si resta fuori dalla Matrix e si può così conoscere la realtà per quello che è davvero, per quanto scomoda, sconosciuta e spaventosa possa essere. Al contrario, scegliendo la pillola blu si torna nella Matrix, una realtà fittizia, virtuale, costruita per tenere a bada gli esseri umani, così da poterli controllare e sfruttare a loro totale insaputa. Ecco, ogni tanto mi trovo a pensare che vorrei tanto avere la possibilità di scegliere la pillola blu e tornare alla vita che facevo prima…
Come ho detto, mi rendo perfettamente conto che la posizione espressa in precedenza nella lettera che ho condiviso con voi sia estrema:
Confessioni di un cavaliere fallito – La mia esperienza fuori dalla scatola
Tale posizione si sostanzia infatti nella presa d’atto che qualsiasi sofferenza, costrizione, o anche solo pressione imposta ad un cavallo da un essere umano, a qualsiasi titolo, sia sbagliata. Secondo questa visione, non c’è alcuna motivazione, nessunissima scusa, che possa giustificare quello che è considerabile come un vero e proprio sfruttamento di un animale nato libero. Da questo lato i cavalli, così come gli esseri umani e tutti gli esseri viventi, hanno la stessa dignità e gli stessi diritti.
Dall’altro lato, all’estremo opposto, c’è la visione secondo cui il cavallo è solo un mezzo al servizio dell’uomo, creato per soddisfare i suoi bisogni e le sue esigenze, qualsiasi esse siano. Per i sostenitori di questa posizione, il cavallo, così come tutti gli animali, le piante e, in alcuni casi, anche la maggioranza dei colleghi umani, sono solo mezzi per raggiungere i propri fini egoistici. Se gli aderenti a questa seconda visione si impongono dei limiti nelle modalità di utilizzo del cavallo-mezzo, è solo per evitare il fastidio di subire le conseguenze penali delle loro azioni, che potrebbero far loro perdere denaro e, nei casi più gravi, la libertà personale per periodi più o meno lunghi.
Tengo subito a precisare una cosa: se queste due visioni estreme e opposte mi sono così chiare, è solo perché le ho sentite, le ho vissute entrambe dentro di me. Chiariamoci, non mi sono mai ritenuto un cavaliere violento, anzi; ma non voglio nascondermi, non più. Nella mia vita di cavaliere mi è capitato più volte di compiere atti di cui, come essere umano, mi vergogno profondamente. Non mi giudico per questo: oggi comprendo che qualsiasi azione violenta deriva sempre da una mancanza di consapevolezza. Tuttavia, sinceramente, al momento non riesco ancora a perdonarmi per aver ceduto alla facile tentazione della violenza nei confronti di un essere totalmente indifeso ed incapace di qualsiasi cattiveria. Spero con tutto il cuore di poter riparare, prima o poi, alle ingiustizie che molti cavalli sono stati costretti a subire a causa della mia inconsapevolezza.
Detto questo, a mio modo di vedere, entrambe le prospettive sopra esposte presentano dei rischi. Mi spiego meglio: ad una prima analisi potrebbe sembrare che solo la seconda delle due posizioni estreme che ho citato comporti rischi per chi vi aderisce, ma così non è. Anche la prima visione, se portata avanti con ottusità e senza apertura al confronto, presenta molti pericoli; io ne ho individuati con chiarezza almeno due.
Un primo rischio è quello di aderire alla prima visione – secondo la quale il cavallo nasce libero e tale deve rimanere -, per scaricare della rabbia repressa e con intento punitivo, ritenendosi moralmente superiori e quindi legittimati a condannare a priori chiunque la pensi diversamente. Vi faccio un esempio concreto, solo per farvi capire cosa intendo: ho conosciuto personalmente, e visto in azione, diverse persone che si auto definiscono “animaliste” (parola che detesto, come la maggior parte di quelle che finiscono in “ista”) lottare strenuamente per i diritti degli animali, salvo poi sentirsi in diritto di esercitare una violenza inaudita, psicologica, verbale e talvolta anche fisica, nei confronti di altri esseri umani, verso tutti coloro che non aderivano completamente alla loro visione.
Ovviamente, non sto dicendo che tutte le persone che si considerano animaliste siano violente verso gli altri; vi ho semplicemente riportato un esempio tratto dalla mia esperienza personale, che mi sembra piuttosto significativo per spiegare cosa intendo. In ogni caso devo dire che, per come sono fatto io, vedo per me molto remota la possibilità di cadere in questo tipo di dinamica (anche se, per sicurezza, resto comunque vigile… non si sa mai!).
Molto più probabile invece è per me incorrere in un altro tipo di pericolo, quello cioè di evitare totalmente qualsiasi relazione con i cavalli per paura di poter fare ancora loro del male. Questo, credo, sarebbe un vero peccato, anche perché tuttora sento forte dentro di me il desiderio di trovare unA modalità di interazione con questi splendidi animali che sia conforme ai principi dell’etica, della bellezza, della verità e della giustizia, principi che dovrebbero guidare le azioni degli esseri umani non solo nella relazione con i cavalli, ma in tutti i campi. E sono fermamente convinto che questo sia possibile, a patto di essere disposti a mettere in discussione molti di quelli che oggi vengono dai più considerati alla stregua di dogmi intoccabili, rispetto ai quali non c’è alternativa.
In conclusione, abbiamo analizzato le due visioni estreme e opposte che possono essere adottate nel considerare la relazione uomo-cavallo. E abbiamo visto che entrambe queste visioni presentano dei rischi notevoli, come spesso accade per qualsiasi tipo di posizione troppo estrema. Il bianco, da una parte e il nero, dall’altra. Ora non ci rimane che addentrarci nella vasta e intricata zona grigia che c’è nel mezzo… [continua al prossimo articolo]
© Pietro Borgia; riproduzione riservata; in copertina Borgia Sunshine Tour 2016 © Fotistica