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I cavalli si legano all’uomo solo perché dà loro sicurezza?

I cavalli si legano all'uomo solo perché dà loro sicurezza
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20 novembre 2020 #focus

I cavalli considerano gli esseri umani un “posto sicuro” ma probabilmente non esistono legami di attaccamento specifici con i loro proprietari. Questo è quello che suggerisce un nuovo studio pubblicato nel n. 233/2020 di “Animal Applied Behaviour Science”, Official Journal of the International Society for Applied Ethology (ISAE).

Lo studio ha cercato di analizzare se i cavalli mostrino identici comportamenti nei confronti di un estraneo come nei confronti del loro proprietario. L’esperimento ha utilizzato i cavalli introducendoli in un’area delimitata di un campo dove venivano condotti a passeggio a meno, e poi lasciati soli. L’esperimento, testato su 26 cavalli, è stato condotto prima con il proprietario e poi con uno sconosciuto.

I ricercatori oltre a prendere nota del comportamento dei cavalli, hanno utilizzato un cardiofrequenzimetro per registrare i loro livelli di stress fisiologico. I risultati hanno mostrato che i cavalli trascorrevano la maggior parte del loro tempo vicino alla porta del campo durante la separazione e cercavano la vicinanza umana quando la persona rientrava, indipendentemente dal fatto che fosse il proprietario o lo sconosciuto. La frequenza cardiaca degli animali è aumentata in modo significativo durante la separazione ed è diminuita quando si sono riuniti, suggerendo che erano stressati quando venivano lasciati soli, mentre erano molto rassicurati dalla presenza umana.

“I cani si stressano durante la separazione dal loro padrone e cercano vicinanza e conforto durante il ricongiungimento, indicando un effetto di “rifugio sicuro”. Inoltre, i cani dimostrano spesso un aumento del gioco e un comportamento esplorativo quando sono insieme al loro proprietario. Per quanto è risultato nella ricerca, questo non è stato documentato nei cavalli”, hanno affermato gli autori dello studio: Paulina Lundberg, Elke Hartmann e Lina Roth.

“I cavalli hanno mostrato almeno due caratteristiche dell’attaccamento, ovvero l’angoscia correlata alla separazione e il fatto dell’importanza del “rifugio sicuro”, come riflesso nelle loro frequenze cardiache”.

Il comportamento dei cavalli si distaccava dalla teoria dell’attaccamento in quanto percepivano sia i proprietari che gli estranei come “rifugi sicuri”. Un altro studio recente, condotto da Ijichi et al. (2018), ha rilevato una mancanza di differenze nel comportamento dei cavalli quando venivano guidati dai loro proprietari o quando invece venivano mossi da estranei, facendoli camminare su oggetti che avrebbero potuto spaventarli (ad esempio attraverso teloni e cornici di stelle filanti di plastica). Lo studio ha anche valutato se il metodo utilizzato dai proprietari per addestrare i loro cavalli avesse avuto un impatto sull’attaccamento.

Ai proprietari è stato chiesto di compilare un questionario che identificava se durante l’allenamento usavano il rinforzo positivo (PosRe), il rinforzo negativo o una combinazione dei due (rinforzo combinato).

Durante la fase di riunione dell’esperimento, i cavalli trascorrevano più tempo in prossimità degli estranei piuttosto che in prossimità del proprietario e si è scoperto che questo riguardava i cavalli gestiti con rinforzo positivo.

“I nostri risultati sono contrari agli studi sui cani in cui quelli addestrati con PosRe cercano più contatti con il proprietario rispetto allo sconosciuto durante la riunione”, hanno detto i ricercatori.

La valutazione del quarto indicatore del comportamento di attaccamento, l’effetto di un posto sicuro, è stata supportata dal comportamento più esplorativo dei cavalli con i proprietari rispetto agli estranei, ma il rapporto ha rilevato un limite allo studio stesso che potrebbe essere stato fuorviante, avendo i proprietari gestito per primi i cavalli in un ambiente a loro ignoto. Il fattore “novità dell’ambiente” potrebbe quindi essersi ridotto nel momento in cui gli estranei sono intervenuti; lo spazio utilizzato per l’esperimento potrebbe essere stato troppo vuoto per mantenere l’interesse dei cavalli.

“I risultati relativi alla ricerca di prossimità e all’effetto di “rifugio sicuro” non erano chiari e potrebbero, se esistenti, differire tra diversi tipi di allenamento”, hanno detto gli autori. “Una dimensione del campo di lavoro più ampia sarebbe la preferita per gli studi futuri per una migliore valutazione dei comportamenti dell’animale”.

“Abbiamo riscontrato che lo sfarfallio delle orecchie è aumentato maggiormente quando i cavalli sono stati riuniti al proprietario e poiché le orecchie e l’espressione del viso hanno dimostrato di essere di grande importanza nella comunicazione tra cavallo e cavallo e nell’espressione degli stati emotivi (+info: clicca qui), anche un’analisi più dettagliata delle alterazioni del viso dei cavalli (le espressioni) potrebbe essere interessante da includere in studi futuri”, hanno aggiunto gli studiosi.

PER LEGGERE LO STUDIO INTEGRALMENTE (lingua inglese): CLICCA QUI

© Olivia Belloli – riproduzione riservata; foto © A.Benna/EqIn:

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Redazione EQIN
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