Chi si ricorda il vecchio Circuito d’Eccellenza? | Il Moralizzatore Equestre

17 febbraio 2018 | Il Moralizzatore Equestre
Chi si ricorda il vecchio Circuito d’Eccellenza? Era una bella cosa, davvero. Una bella esperienza.
C’erano i migliori cavalieri italiani e i migliori giovani cavalli. Tutto l’anno si viveva in trepidante attesa e si sapeva che non c’era possibilità di sgarrare, perché le tappe di qualifica erano poche e quelle raggiungibili per il mio portafoglio pochissime.
Non aveva niente a che fare coi nazionali normali, quelli che avevi fatto in preparazione intorno a casa. Era tutta un’altra cosa. Si respirava un’aria diversa, le difficoltà tecniche e le altezze erano maggiori, c’erano le categorie di stile per i 4 e i 5 anni e ti trovavi in mezzo a cavalli fantastici e a veri campioni.
Mi ricordo che andavo a prendere le schede come quando ero ragazzino e facevo le equitation o i dressagini e restavo lì corrucciato a leggere e a confrontare i punteggi dati dai vari giudici. E quando le facevo vedere al mio “padrone” prendevo sempre dei cazziatoni incredibili.
Mi ricordo di quei concorsi come di quelli in cui mi svegliavo presto per toelettare, lucidare, fare le treccine. Mettevo perfino l’olio johnson baby su naso e contorno occhi, per rendere i cavalli più belli (ok, tanta solerzia non mi avrebbe mai salvato dal confronto con Ulrich o Clint, ma mi illudevo che avesse un qualche peso anche l’impegno).
E c’erano dei bei soldi in palio, veramente dei bei soldi. Cosa che – non mi vergogno a dirlo – faceva certamente comodo di fronte all’imponente impegno economico di allevare, crescere, addestrare e preparare un giovane cavallo, sostenendo ingenti spese per il lavoro, i concorsi e le tappe.
Io, che non facevo mai lunghe trasferte e avevo un van brutto e vecchio con il living ricavato mettendo in selleria due brandine, andavo mattina e sera in bici a lavarmi alla doccia pubblica, in mutande e accappatoio e con le ciabatte di plastica da piscina.
Non avevo altre occasioni, durante l’anno, per vivere quel clima lì, quello dei grandi concorsi, dei grandi eventi, delle grigliate la sera sotto i pop-up e le verande dei camion.

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C’era sempre da imparare, all’Eccellenza. Di amatori ce n’erano veramente pochi, erano praticamente tutti professionisti, grandi professionisti, con un’enorme esperienza alle spalle.
Guardavi i percorsi degli altri, guardavi i tuoi, fissavi nella tua mente quelli che sarebbero stati i campioni del futuro, i più talentuosi giovani cavalli presenti in Italia.
Io ero sempre fissato con le gare dei cavalli un po’ più grandicelli, dai 6 anni in su, perché i piccolini – con la storia delle categorie di stile – mi sembravano sempre tutti taroccati: saltavo troppo, troppo in cima, troppo bene. Per non parlare del fatto che le categorie a precisione erano anche un po’ pallose, rispetto a quelle a barrage o a tempo dei cavalli più grandi, dove davvero vedevi l’abilità dei piloti e la loro arrogante voglia di vincere.
E poi c’era mi pare la penultima tappa, quella prima della finale, in cui si facevano le selezioni per Lanaken. Cavalli italiani e stranieri. Era veramente bello. Tutti arrivavano lì all’apice della loro forma, con un vero sogno di gloria, l’unico sulla carta alla portata di tutti, anche di quelli come me che non avevano un nome altisonante e facevano tutto sommato abbastanza c…e rispetto ai veri professionisti.
E poi la Finale, che rappresentava un po’ la chiusura non solo della stagione outdoor ma anche dell’intero anno (perché poi lasciavi un paio di mesi di riposo e cazzeggio ai puledri, dopo una così intensa preparazione)… Era sempre tutto fantastico, come in un vero evento di quelli importanti. Ti sentivi parte di qualcosa, insomma.
Mi dispiace, amici, che non vivrete le esperienze che ho vissuto io all’Eccellenza.
Vivrete sicuramente momenti diversi, circuiti differenti, ma sono sicuro che – con la formula attuale – non sarà più la stessa cosa.
Perchè in Italia è così. Una cosa che funziona va modificata per forza, mentre ciò che non va rimane così per sempre. Come diceva la pubblicità? “Meglio cambiare, no?”.
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